Il missionario tra i lebbrosi citato dal Papa: io a scuola della loro fede
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
“Lo Spirito alle volte ci spinge alle grandi ‘pazzie di Dio’” come è accaduto all’uomo, “che è oggi fra voi, che da più di 40 anni ha lasciato l’Italia per fare il missionario fra i lebbrosi”. L’uomo portato come esempio da Papa Francesco, nell’omelia di lunedì 7 gennaio a Casa Santa Marta, è il bresciano padre Giovanni Mometti, missionario in Amazzonia dal 1956, quando aveva solo 20 anni, che alla messa del Pontefice era in prima fila, come concelebrante, e ha anche letto il Vangelo. Oggi padre Gianni, o Joao, come lo chiamano in Brasile, di anni ne ha 82, è sempre missionario a Igarapè-Açù, nello stato di Parà, nell'Amazzonia brasiliana, ed ha ancora tanta energia.
Il racconto di padre Mometti, missionario da 62 anni
“Sono arrivato in Brasile il 27 dicembre del 1956 – racconta a Vatican News – ho studiato filosofia e teologia in Brasile, e sono diventato prete nel 1966 a San Paolo”. Tornato in Italia per incontrare i familiari, i superiori hanno destinato il giovane padre Mometti all’Università Gregoriana. “ Era il 1967, il Concilio Vaticano II era finito da poco – ricorda – e io avuto la grazia di conoscere bene cosa vuol dire essere missionario per gli ultimi, per i poveri e soprattutto per il Brasile, nazione emergente per la fede, perché è la più grande nazione cattolica del mondo”.
Lei non si sente un "pazzo" per quello che ha fatto?
R. - Sì, sono un pazzo, perché uno che da giovane va in un lebbrosario, quando non esisteva ancora la cura, vuol dire che è pazzo del Signore, però. La pazzia di Dio è quella che ama oltre i limiti. Il limite è amare le persone come sono, oltre il limite è amare un lebbroso, uno che ha questa malattia e che può trasmetterla anche a te. Tanto che il mio predecessore, padre Daniele da Samarate, ha preso la lebbra a 33 anni, ed è morto di lebbra a 48. Non è che i preti non prendono la lebbra, la prendono come padre Damiano di Molokai” (Il protettore dei lebbrosi, n.d.r.).
Come riesce a portare Cristo tra i lebbrosi, che potrebbero maledire il Signore per la loro malattia?
R. - Se tu ti avvicini al lebbroso e gli chiedi come va? Risponde “tutto bene, ringraziando il Signore” perché loro sono gente di fede e ricevono questa malattia non come una maledizione, ma come una prova del Signore per vedere se sono buoni. Perciò io ho trovato tanta scuola di fede nei nostri lebbrosi, mi hanno insegnato ad essere un prete che ama Dio e accetta quello che Dio vuole da lui.
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