Giovani di Taizé: preghiera primo passo per affrontare le differenze
Emanuela Campanile - Città del Vaticano
Tre Incontri Internazionali e tante volte a Taizé, in Francia, nella Comunità fondata da frère Roger. E’ l’esperienza di Giovanni Tedeschi, solo 20 anni, e già un’urgenza di vivere oltre il luogo comune di una cultura ripiegata su se stessa e incapace di accogliere. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente a Madrid, dove oggi si conclude il 41° Incontro Internazionale Ecumenico, organizzato dalla Comunità, a cui anche il Papa ha fatto giungere il suo Messaggio. La gioia e la forza della preghiera comune è, per Giovanni, il punto di partenza da cui nascono i successivi passi per costruire insieme e trovare “soluzioni nuove” alle difficoltà e alle sfide che attendono ognuno di noi.
R. - Ciò che mi riporta spesso in questi luoghi, sia nelle città d’Europa per gli incontri, sia in Francia, è quell’atmosfera particolare di comunione, di solidarietà con gli altri e soprattutto i momenti di preghiera che si svolgono nello stile della Comunità di Taizé. È una preghiera nella quale si può veramente sperimentare la comunione con le altre persone, con i cristiani di altre confessioni e in generale con coloro che sono ancora alla ricerca della propria fede. In questi momenti di preghiera si può anche sperimentare il senso di ospitalità e di apertura a tutti, senza alcuna discriminazione e pregiudizio.
Che cosa hai imparato, che cosa riesci a portare una volta tornato a casa?
R. - Una volta che si torna a casa si ha la sensazione di volere a tutti i costi mantenere questa attitudine, questo modo di vivere. Quindi, è una spinta incredibile poi per cercare di rimanere aperti a tutti gli stimoli.
Quali sono i terreni da percorrere e in cui ci si può incontrare?
R. - La preghiera, sicuramente. È fondamentale perché, in qualche modo, nella preghiera riusciamo ad appiattire tutte le nostre differenze; rimaniamo tutti uguali, ci riportiamo tutti sullo stesso livello. Questo aiuta molto a trovare negli altri qualcuno che è molto simile a te. E’ importante cercare di appianare le differenze. Poi, soprattutto negli incontri europei, è importante l’ospitalità. Non c’è la pretesa di dimenticare le nostre differenze; quello sarebbe, forse, un grave errore. Invece l’ospitalità cambia il punto di vista, cerca sempre di modificarlo e queste differenze vengono viste come una ricchezza piuttosto che un limite o un modo per iniziare un conflitto. L’ospitalità che si vive qui nelle famiglie, nelle parrocchie - accolti dalla città, dalle chiese locali - è un modo molto pratico per vivere questo senso di comunione.
Tra voi giovani, qual è la gioia che condividete e l’incertezza che vi accomuna?
R. - Le incertezze più grandi sono, soprattutto, legate al fatto che tornati a casa la complessità delle nostre vite, dei nostri problemi possano influire e facciano appassire queste ricchezze che riusciamo a trovare a Taizé o durante gli incontri europei. Quindi, le varie sfide dei nostri tempi - dalle migrazioni ai cambiamenti climatici, per esempio - rischiano di atterrirci e di spaventarci. Le grandi gioie, invece, derivano dal fatto che insieme si riescono sempre a trovare delle soluzioni, delle nuove vie, anche molto creative, per riuscire a risolvere qualsiasi tipo di problema.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui