Vescovi Centrafrica: Paese esasperato da violenza di ribelli e mercenari
Giada Aquilino - Città del Vaticano
È arrivata anche la condanna dei vescovi del Centrafrica al nuovo attacco di gruppi armati nella città di Bambari, avvenuto venerdì scorso in diverse zone della località, nella parte centrale del Paese. Negli scontri con le forze di sicurezza locali sono rimasti uccisi almeno due poliziotti. In città erano in programma i festeggiamenti per la Giornata mondiale dell’alimentazione già posticipati da ottobre a causa delle violenze e poi sospesi.
Il Messaggio dei vescovi
In un Messaggio “alla Chiesa Famiglia di Dio, ai fratelli cristiani e credenti, agli uomini e alle donne di buona volontà” per l’inizio del nuovo anno, la Conferenza episcopale centrafricana a proposito dell’attacco - attribuito dalle autorità ad elementi del movimento armato dell’Upc, la sedicente Unione per la pace in Centrafrica - ha parlato di un “modo deliberato di turbare l’ordine pubblico e di contrastare l’autorità dello Stato”. I vescovi auspicano che da eventi così dolorosi possa generarsi una spinta alla pacificazione, in vista dei dialoghi di riconciliazione previsti il 24 gennaio in Sudan.
Il grido di sofferenza
L’esortazione dei presuli è anche ad ascoltare il grido di sofferenza e “l’esasperazione” di tutto il popolo centrafricano, che assiste impotente alla violenza: la scorsa settimana un altro attacco ha provocato 6 morti anche nella capitale Bangui. Scontri e instabilità sono segnalati inoltre in varie parti del Paese. La Conferenza episcopale nota pure che “molti dei mercenari che diffondo il terrore nel Paese provengono da Ciad, Sudan, Camerun, Niger e Uganda”, esortando i governi di tali Stati ad aiutare il Centrafrica a uscire dalla “situazione anarchica” in sui si trova. I vescovi non possono tacere poi gli “atroci crimini” contro la Chiesa locale, costati la vita a tanti dei “suoi pastori e dei propri fedeli”. La preghiera è perché si depongano le armi, per una Repubblica Centrafricana “libera, giusta, pacifica, unita e prospera, ricostruita con l’aiuto della solidarietà internazionale”.
La testimonianza
Il Paese è “esasperato”, racconta a Vatican News padre Federico Trinchero, carmelitano scalzo a Bangui. Nel Messaggio i vescovi parlano anche “degli ultimi avvenimenti di Bambari, dove ci sono sempre gruppi di ribelli che approfittano di ogni occasione per seminare terrore e paura”, spiega il missionario italiano. “A Bambari era in programma un evento per la Giornata per l’alimentazione e l’agricoltura, una manifestazione che era stata più volte rimandata, con molte personalità e avrebbe dovuto esserci anche il presidente. Questi ribelli - prosegue il carmelitano - ne hanno approfittato per creare il caos in città e la celebrazione non ha avuto luogo. È l’ennesimo episodio che mostra ciò che i vescovi hanno condannato nella Lettera: pare che ci sia proprio una volontà di divisione del Paese. Tali episodi sono frequenti in tutta la zona di Bambari e Alindao dove appunto si sono raggruppati questi movimenti ribelli che agiscono dove lo Stato non c’è o fatica a farsi sentire” (Ascolta l'intervista a padre Trinchero).
I mercenari
La popolazione vuole lasciarsi alle spalle la guerra scoppiata nel 2013, con sanguinosi scontri tra milizie Seleka e gruppi anti-Balaka e il rovesciamento del presidente François Bozizé, come fece nel novembre 2015 quando accolse Papa Francesco per l’apertura della Porta Santa alla cattedrale di Bangui. Eppure in diverse zone imperversano i gruppi armati. “Dopo che la coalizione Seleka si è dissolta, ogni gruppo fa e cerca i propri interessi e, come denunciano i vescovi, in questi gruppi ci sono anche dei mercenari - e sono forse la maggior parte - che vengono da altri Paesi. Si parla del Ciad, del Sudan, del Niger, dell’Uganda, del Camerun. Non sono centrafricani nati qui e che parlano il sango, la lingua del Paese. Quindi, non solo c’è un progetto ormai più che evidente - i segni sono molteplici - di divisione del Paese, ma anche di ingerenza, per prendere il Paese e le sue ricchezze”, perlopiù giacimenti auriferi e di diamanti.
Il tributo in vite umane
Il 2018 appena trascorso è stato per la Chiesa del Centrafrica un anno particolarmente doloroso, sottolinea inoltre padre Trinchero: “ben cinque sacerdoti e oltre 100 fedeli sono stati uccisi”. I vescovi hanno voluto “rendere omaggio” a questi fratelli, al loro “ministero” e anche ai fedeli che hanno perso la vita con loro. “Adesso, dopo questa guerra, dopo questi avvenimenti - evidenzia il carmelitano - la Chiesa, nonostante la giovane età, nonostante la povertà e la fragilità, nel momento della prova è rimasta fedele: i suoi pastori non sono mercenari come quelli che stanno invadendo il Paese”. Padre Trinchero vede anche un collegamento con quanto sta succedendo nella vicina Repubblica Democratica del Congo, dove i vescovi sono intervenuti in occasione delle presidenziali. “Indirettamente quanto è stato vissuto in Congo, con una implicazione molto forte da parte dei vescovi, penso abbia incoraggiato i vescovi, la Chiesa, i sacerdoti del Centrafrica a gridare forte, a dire le cose perché questo è un Paese esasperato. C’è paura, c’è la consapevolezza che la situazione sia drammatica, però c’è anche molto coraggio e direi, dopo questo Messaggio, molta speranza”.
La buona politica
I vescovi citano Papa Francesco e il suo Messaggio per la Giornata mondiale della pace di quest’anno, dedicato alla buona politica. L’esortazione della Conferenza episcopale ai politici locali è quella a lavorare “per il bene del Paese”, non dimenticando nemmeno i tanti sfollati e profughi accampati dentro e fuori i confini nazionali: nel loro intervento, conclude il missionario, i vescovi non dimenticano “la sete di potere” e “la corruzione” che hanno dilaniato le “case”, le “strade”, il Centrafrica, auspicando “uno scatto d’amore per la Patria” concreto e immediato.
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