A Udine si presenta la nuova edizione di "La Bibie", la Bibbia in friulano
Adriana Masotti - Città del Vaticano
Ci sarà anche il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente dei vescovi italiani, questo pomeriggio a Udine, accanto all'arcivescovo della diocesi udinese, mons. Andrea Bruno Mazzocato e alle autorità civili locali, per la presentazione della nuova edizione de “La Bibie”, la Bibbia tradotta in lingua friulana. Uno straordinario lavoro dalle profonde motivazioni religiose, culturali e sociali, rivolto ai credenti che desiderano leggere, nella loro lingua madre, la Parola di Dio, ma anche ai non credenti che nella Sacra Scrittura trovano comunque parole sempre di grande attualità.
La traduzione della Bibbia, fondamentale per una lingua
Ma perché una Bibbia in friulano? L'abbiamo chiesto a Cesare Scalon, professore emerito di Paleografia latina all’Università di Udine: “Io direi prima di tutto – risponde ai nostri microfoni - perché c’è una lingua friulana, ufficialmente riconosciuta, e la traduzione della Bibbia è una delle opere fondamentali per una lingua. Il contesto più generale è il contesto del Concilio e del post Concilio, con la Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione, 'Dei verbum', con l’esortazione a prendere in mano la Bibbia e a leggerla nelle proprie lingue e quindi anche a tradurre eventualmente il testo sacro".
Le novità di questa seconda edizione
La nuova edizione di “La Bibie”, a cura dell’ “Istituto Pio Paschini per la storia della Chiesa in Friuli” di cui il prof. Scalon è il presidente, si presenta rinnovata nella veste grafica e nel formato e rivista nella grafia della lingua, con il risultato di un volume più agile e di più facile utilizzo. Rispetto alla prima edizione, non cambiano invece traduzione e contenuto a cui hanno lavorato a lungo due sacerdoti friulani, don Francesco Placereani e Antonio Bellina, prima ancora che la Regione Friuli-Venezia Giulia e poi lo Stato italiano riconoscessero ufficialmente il friulano come lingua, distinguendola dai vari dialetti parlati in Italia.
1976: una data discriminante per questo territorio
La traduzione della Bibbia in friulano è un’esigenza fortemente sentita dalla gente del posto, soprattutto a partire da un evento che segna la storia del territorio, il sisma del 1976. “I friulani hanno visto rasi al suolo diversi loro paesi – ci dice ancora Scalon - una terra distrutta che rischiava di perdere gran parte della sua memoria, da qui la volontà innanzitutto di ricostruire e di salvare quella che era l’eredità del passato. Una ricostruzione che è diventata ricostruzione pietra su pietra degli antichi monumenti e delle chiese, che è partita dalla cultura e dalle attività produttive e quindi dalla salvaguardia delle proprie radici”.
I due traduttori: don Placereani e don Bellina
All'epoca del terremoto, don Placereani aveva già portato a termine la traduzione dell’intero Nuovo Testamento e di alcuni libri del Vecchio come i Salmi, Isaia e Geremia, ma il percorso era ben lontano dalla conclusione e soprattutto troppo gravoso per una sola persona. Proprio davanti alle rovine del suo paese, Venzone, don Bellina decide di affiancarsi all’amico. "La strada più corta e più logica - racconterà il sacerdote - era di tradurre la parola di Dio, in parola di Dio detta al nostro popolo angosciato, nella pienezza di significato e di suggestione della nostra lingua … ed ho tradotto il libro di Giobbe, il poema dello scandalo e della inesplicabilità razionale del dolore e del male". Seguirono quindici anni di lavoro massacrante, con l’ansia di non arrivare mai alla fine.
Nella lingua l'anima di un popolo
La lingua parlata segna l’identità di un popolo, in questo si ritrovano le motivazioni più profonde di “La Bibie”. Cesare Scalon cita ciò che i vescovi del Friuli scrivono nella presentazione del volume: “Se una lingua è solo un mezzo per trasmettere un concetto allora lo si può fare anche in una lingua straniera. Ma, se una lingua è innanzitutto esperienza, visione del mondo, filosofia di vita, un luogo spirituale dove si abita, allora la madrelingua e la cultura succhiata da bambini diventano necessarie per esprimere a pieno le realtà più profonde della nostra vita”.
Nella lingua madre, un popolo "sente" più vicina la Parola
Originale e molto intensa l’immagine utilizzata a questo riguardo dai due traduttori, don Placereani e don Bellina: “Don Francesco Placereani - ci riferisce il prof. Scalon - diceva che “un popolo con la Bibbia è un popolo con il cappello sulla testa”. Quello che ha un cappello in mano di solito lo allunga per domandare l’elemosina: “Almeno in Chiesa – scriveva – i friulani dovrebbero entrare con la loro faccia, cultura, identità, unicità”. Nella casa di Dio avevano diritto di sentire finalmente, dopo secoli di una Bibbia ascoltata e pregata in un latino incomprensibile e in un italiano che non era la lingua parlata da loro, in qualche modo estranea, volevano sentire un Dio che dicesse loro le cose più grandi della vita con la voce della madre, che arriva al cervello attraverso una comprensione che passa dal cuore e dall’emozione. E don Antonio Bellina: “Riuscire a far sentire la voce e l’amore di un Dio nostro, che ci parla con il tono e la dolcezza di un padre e di una madre nella nostra propria lingua, è straordinario”.
Sulla custodia i mosaici che risalgono al Patriarcato di Aquileia
A venticinque anni dalla pubblicazione dell’edizione in otto volumi e a venti dall’uscita di quella Bibbia in un unico volume, vede ora la luce questa nuova edizione. Sulla custodia del volume, la riproduzione dei mosaici della Basilica di Aquileia con le storie di Giona, una scelta dall’editore, l’Istituto Pio Paschini, per ricordare quali sono le origini del cristianesimo in questa terra e una delle componenti fondamentali di un'identità che non vuole chiudersi in se stessa, ma essere aperta a tutti.
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