Mons. Mumbiela Sierra: in Kazakhstan la Chiesa è giovane ed entusiasta
Barbara Castelli – Città del Vaticano
Una Chiesa che ha attraversato la “sofferenza” del periodo sovietico e che oggi, pur nell’esiguità dei numeri, ha un grande desiderio di annunciare la gioia e la speranza del Vangelo. Il vescovo della diocesi di Santissima Trinità in Almaty, mons. José Luís Mumbiela Sierra, racconta al microfono di Griselda Mutual, della redazione spagnola di Vatican News, la situazione della Chiesa cattolica in Kazakhstan. L’occasione è offerta dalla visita Ad Limina Apostolorum dei vescovi dell’Asia centrale, tra il 25 febbraio e il 5 marzo in Vaticano. Pur nella diversità di ogni singolo Paese, la Chiesa in Kazakhstan, Kyrgystan, Tajikistan, Turkmenistan e Uzbekistan è accomunata da un passato storico doloroso, dovuto al regime comunista, e dalle sfide del presente, tra cui la scarsità di sacerdoti presenti sul territorio e le difficoltà amministrative per ottenere il permesso di costruire chiese nuove.
Una fede difesa nel sangue
Oggi i fedeli in Kazakhstan non arrivano all’1% della popolazione, pari a oltre 18 milioni di persone, e si concentrano soprattutto nel nord del Paese, perché lì, precisa il presule, ci sono “i deportati tedeschi e polacchi”, così come nel “nord-ovest, dove si trova la città di Karaganda, “culla di molte vocazioni già in epoca sovietica”. Proprio nella cattedrale di Karaganda, l’11 settembre 2016, è stato beatificato il sacerdote Władysław Bukowiński, a nome del Papa, dal cardinale Angelo Amato, allora prefetto della Congregazione delle cause dei santi. I tratti biografici del sacerdote parlano di dolorosi passaggi – i processi, le detenzioni, i lavori forzati nelle miniere di rame, le messe clandestine e gli aiuti ai più poveri nei villaggi kazaki – ma anche di una fede “profonda, solida, incrollabile”. Era “missionario coraggioso di Cristo nei vasti territori dell’Europa orientale”, disse nell’omelia della celebrazione il cardinale, “dove allora regnava un’ideologia repressiva, che cercava di estirpare dal cuore dell’uomo ogni sentimento religioso”. Questa sofferenza, “ingiusta, portata con pazienza”, rimarca mons. José Luís Mumbiela Sierra, ha accomunato tante persone e oggi si tramuta in un desiderio di crescita, anche in “luoghi che non sono di tradizione cristiana o cattolica”. “Il Kazakistan è un popolo che ama il Santo Padre, che prega per lui”, aggiunge, “un’unità a Roma” difesa “con il sangue”. Tra le iniziative 2019, proprio per dare un forte impulso alla vita della Chiesa: un anno dedicato “al Sacro Cuore di Gesù”, e un ciclo di catechesi sull’annuncio cristiano in lingua kazaka.
Dialogo e libertà religiosa
Nell’intervista, il vescovo della diocesi di Santissima Trinità in Almaty, che insieme con l’arcidiocesi metropolita di Maria Santissima in Astana, la diocesi di Karaganda e l’amministrazione apostolica di Atyrau compone la struttura della Chiesa in Kazakhstan, parla anche della situazione socio-politica nel Paese. Una Nazione con “virtù” e “difetti”, come tutte, “giovane” e “alla ricerca di un nuovo stile politico”. Il governo, inoltre, “permette la libertà religiosa” e promuove, conclude mons. José Luís Mumbiela Sierra, “l’unità e l’armonia tra le diverse religioni e confessioni religiose”, condizione fondamentale “per la pace sociale”.
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