Beati 9 seminaristi spagnoli, martiri nelle Asturie
Roberta Barbi – Città del Vaticano
Non c’è prova più grande di dare la vita per quello che si ama: è questo l’insegnamento dei martiri tra i quali annoveriamo i nove nuovi Beati di oggi, tutti giovanissimi, che preferirono morire piuttosto che nascondersi essendo perseguitati a causa della loro fede. Seminaristi, tutti, innamorati del Signore e che avevano già fatto una scelta ben precisa: offrire la propria vita a Lui. Lo hanno fatto, fino all’ultimo sacrificio. Una scelta di fedeltà a Cristo “che deve essere d’insegnamento a tutti i sacerdoti a prendere sul serio la propria chiamata”, sottolinea il cardinale Angelo Becciu, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi.
La necessità di preti onesti e irreprensibili che portino le anime a Dio
“Anche questi nostri Beati – ha detto il card. Angelo Becciu, nell’omelia della Messa con il rito di beatificazione - un giorno hanno sentito la voce del divino Maestro che diceva loro: ‘Seguimi!’. E hanno assecondato generosamente la chiamata divina, intraprendendo il cammino per diventare sacerdoti del Signore. Quel ‘Seguimi!’, ad un certo punto, ha richiesto una disponibilità più grande ed eroica; e loro, ancora una volta, hanno detto ‘sì’ – ha aggiunto il porporato -. “Hanno saputo perseverare con particolare fortezza fino all’ultimo istante di vita, non negando la loro identità di chierici in formazione”. Guardando all’attualità della loro testimonianza, il cardinale ha spiegato che “essi ci ricordano che non si possono accettare compromessi con la propria coscienza e che non vi è altra autorità umana che possa competere con il primato di Dio”. “Con la santità della loro vita, i nuovi Beati parlano soprattutto alla Chiesa di oggi. Siamo tutti turbati dagli scandali che sembrano non avere fine e che sfigurano il volto della Sposa di Cristo – ha aggiunto Becciu -. Abbiamo bisogno di seminaristi, di preti, di persone consacrate, di pastori generosi come questi martiri di Oviedo. Abbiamo bisogno di preti onesti e irreprensibili che portino le anime a Dio e non causino sofferenze alla Chiesa e turbamento al popolo di Dio”.
La Spagna sull’orlo della guerra civile
Il 1934 nelle Asturie è un anno molto difficile: si moltiplicano le rivendicazioni sindacali dei minatori, le forze della sinistra anarchica si uniscono con l’obiettivo di abolire la Costituzione repubblicana e instaurare uno Stato socialista. Sono i prodromi di quella che sarà ricordata nella storia come la Guerra civile spagnola, che infurierà tra il 1936 e il 1939 e a sua volta farà da preludio alla Seconda Guerra Mondiale. La rivolta delle Asturie, accuratamente preparata nei mesi precedenti, scoppia il 5 ottobre 1934 con l’attacco alla Guardia civil. Ci sono scontri ovunque, ma i più sanguinosi sono a Oviedo, dove molte persone, soprattutto sacerdoti e religiosi, vengono giustiziati senza un perché. “Saranno 6832, alla fine, le vittime della guerra civile spagnola solo tra preti, religiose e religiosi. A questi si devono aggiungere tutte le vittime laiche, uccise solo perché professavano la religione cattolica”, ricorda il cardinale Becciu.
I seminaristi di Oviedo, testimoni scomodi di fede
Alla fine dell’estate del 1934 Angel Cuartas Cristóbal è uno dei tanti seminaristi che finite le vacanze in famiglia dovrebbe tornare nel seminario maggiore di Oviedo, dove studia e dove qualche mese prima era stato ordinato suddiacono. Ottavo di 9 figli, è l’orgoglio della sua famiglia, quella stessa famiglia che gli consiglia di non tornare a Oviedo. Stanno accadendo cose brutte. Lui, però, non obbedisce: sa che il Signore lo vuole lì, a fare il suo dovere, fosse anche quello di essere ucciso “in odium fidei”, come i 5 compagni che come lui avevano deciso di rientrare. Ecco chi erano questi giovanissimi martiri: Mariano Suárez Fernández, deciso a continuare gli studi perché quell’anno deve prendere i voti; Jesús Prieto López, di famiglia talmente povera che i suoi studi erano stati pagati dal parroco; César Gonzalo Zurro Fanjul, che muore urlando “Viva Cristo Re! Viva la Spagna cattolica!”; José María Fernández Martínez, orfano di madre e figlio di un minatore; Juan José Castaňon Fernández, il più piccolo del gruppo: ha appena 18 anni. Il più grande tra loro solo 24.
L’intensificarsi del conflitto: i martiri del 1936-37
La situazione peggiora e la violenza, come un virus, dilaga in tutto il Paese: “L’ateismo doveva essere il nuovo volto dell’uomo moderno”, evidenzia il cardinale Becciu. E questa ideologia continua a mietere vittime, laiche e religiose, come gli altri tre giovani beatificati oggi. Manuel Olay Colunga, già scampato alla morte nelle Asturie due anni prima, riuscirà a nascondersi per un anno prima di essere trovato e ucciso; Sixto Alonso Hevia, arrestato assieme al padre, fervente cattolico, e con lui detenuto a lungo nella parrocchia del paese, adibita a carcere, prima di essere martirizzato nel 1937; infine Luigi Prado García, che aveva fatto anche il servizio militare, assassinato sulla spiaggia di Gijon. “Mi sento piccolo davanti a queste figure – conclude il suo racconto il cardinale Becciu – il loro è un invito rivolto a me e a tutti i sacerdoti a vivere con pienezza e serietà la nostra vocazione”.
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