Card. Parolin: non si può disprezzare il povero e dirsi cristiani
Benedetta Capelli – Città del Vaticano
Mons. Gianfranco Gallone, nominato dal Papa Nunzio apostolico in Zambia lo scorso 2 febbraio, è sdraiato a terra prima dell’imposizione delle mani sul suo capo, dell’unzione con il crisma e della consegna della mitra, del pastorale e dell’anello episcopale da parte del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin. Nella Basilica Vaticana, il porporato presiede la Messa di ordinazione a vescovo di mons. Gallone, nato a Ceglie Messapica, in provincia di Brindisi, il 20 aprile 1963, che vanta una lunga carriera prima nelle Nunziature apostoliche in Mozambico, Israele, Slovacchia, India, Svezia e poi svolgendo il lavoro di officiale nella Sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato.
Il vescovo sulle orme di san Giuseppe
Nell’omelia, il cardinale Parolin fa riferimento a san Giuseppe, nel giorno della sua festa, per delineare le importanti virtù del futuro vescovo. Ricordando che nei Vangeli, il padre putativo di Gesù è visto come un “uomo coraggioso, obbediente, con una forza solida e una fede robusta aperta alle sorprese di Dio”, il porporato sottolinea che ancora oggi si ha bisogno di “perseveranza, di fedeltà alla missione alla quale si è chiamati, alle responsabilità che il Signore ci affida”. Così il vescovo, come Giuseppe che è chiamato ad essere custode del Salvatore, partecipa al sacerdozio di Cristo, a riattualizzare i segni salvifici, a realizzare il dono di grazia.
Più onere che onore
Richiamando le parole di Paolo VI per il quale essere vescovo “è una dignità che accompagna un servizio per gli altri”, il cardinale Parolin sottolinea che il presule non ama l’onore più dell’onere ma è chiamato ad incamminarsi verso la santità, trasmettendo la fede, facendo crescere la carità e custodendo la comunione e la pace. “Annunciare la buona novella – afferma - è porre al primo posto il debole, il povero e il perseguitato perché poi saremmo giudicati sulla carità. Non si può disprezzare il povero e dirsi cristiani”.
Lo Zambia, Paese di accoglienza
Il cardinale Parolin, rivolgendosi al nunzio in Zambia, ricorda che le relazioni tra il Paese africano e la Santa Sede durano da più di 50 anni, che ci sono 5 milioni di cristiani, il 30% dell’intera popolazione, che lo Zambia ha accolto negli anni i profughi provenienti dai Paesi vicini in particolare dal Rwanda, durante il genocidio, il Burundi e il Congo. Lì il futuro Nunzio dovrà rappresentare il Papa, cementare la comunione tra le chiese particolari, far percepire la sollecitudine pastorale sempre con l'amore per Pietro e per la Chiesa, sua sposa.
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