Il miracolo di Illegio: quando l'arte trasforma una comunità
Adriana Masotti - Città del Vaticano
'Dieç - il miracolo di Illegio' è un docufilm diretto dal regista Thomas Turolo con la fotografia di Federico Annicchiarico, che descrive la straordinaria esperienza di un piccolo borgo della montagna friulana, la Carnia, un’esperienza che, appunto, sa di miracolo. L’anteprima è stata presentata mercoledì scorso nella Filmoteca vaticana, accanto a Casa santa Marta, e giovedì pomeriggio al Senato, nella Sala Koch di Palazzo Madama. Ad aprile l'uscita nel circuito delle Sale della comunità.
Una comunità unita attorno ad un progetto
Tutto nasce da un progetto artistico-culturale e insieme pastorale, quello di organizzare ogni anno una mostra, dedicata ogni volta ad un tema fondamentale per l'esistenza umana, con opere prestigiose prestate dai musei più famosi d’Italia e d’Europa. Il titolo della prossima, a partire dal 12 maggio e fino al 6 ottobre 2019 sarà: "Maestri”. Una scommessa, forse, la prima volta nel 2004, ma che grazie al riscontro positivo subito ottenuto, è diventata una iniziativa possibile. Non solo, anche una sorgente di rinascita e di crescita di tutta una comunità e di riqualifica di un intero territorio. A lavorare instancabilmente al progetto è don Alessio Geretti, docente di teologia dogmatica e di iconografia cristiana a Udine e referente del Progetto Culturale della Conferenza episcopale italiana. Con il sostegno del Comitato di San Floriano, di cui è cofondatore il parroco di Illegio don Angelo Zanella, e della diocesi udinese.
Nel docufilm i testimoni della comunità
Il documentario “Dieç. Il miracolo di Illegio” ha una durata di 71 minuti ed è costruito come un vero film, con il susseguirsi di volti appartenenti alla comunità come Paola e Marco, proprietari del bar di Illegio, la fotografa Erica, il giovane coltivatore Marco, Maria e Dolores, due donne anziane che sono la memoria del borgo. Oggi ben 100 persone del paese sono impegnate nell’organizzazione della mostra e nelle attività collegate. Uno sviluppo imprevedibile come dice ai nostri microfoni, lo stesso don Alessio Geretti:
R. – E’ il miracolo che la provvidenza ha realizzato in questo piccolo e delizioso paese incastonato fra le Alpi della Carnia in Friuli Venezia Giulia dove abitano 340 persone e dove la strada finisce, e che non era certamente una meta di turismo e pellegrinaggio, pur essendo bellissimo e custodendo un patrimonio importante di natura, cultura, tradizione, preghiera, arte, archeologia. Negli ultimi anni però sono arrivate lassù 400 mila persone e queste persone sono andate via portandosi nel cuore un ribaltamento e una grazia vera e propria di carattere spirituale. Questo è il miracolo.
Ci racconta come è stato possibile tutto questo?
R. - E' stato possibile attraverso una scelta d’arte che a Illegio ha avuto una forza tutta particolare perché lì la bellezza si è fatta comunità. Abbiamo coinvolto il paese, come parrocchia, a trasformarsi in ideatore, allestitore e promotore di una mostra ogni anno diversa, ogni anno su un tema sensibile per la vita dell’uomo contemporaneo e con opere d’arte provenienti dai più importanti e straordinari musei del mondo. Preparando una sede idonea ed esponendo così, di anno in anno, in media una cinquantina di capolavori, dei più grandi autori: Raffaello, Botticelli, Tiziano, Veronese, Rembrandt, Rubens, Caravaggio… Pare incredibile che tutto questo sia possibile in un piccolo borgo di montagna, in quella che era un tempo la casa canonica, la casa dei sacerdoti del paese, e in una comunità che sta in un contesto segnato da spopolamento, tristezza, abbandono, benché meraviglioso e ancora pieno di risorse. Ma lì il Signore ci ha ispirati a diventare Chiesa in uscita, periferia creativa e segno di speranza, bellissima prova che quando una comunità è genuina, magari con qualche piccolo difetto, ma certamente genuina e unita, con una bella motivazione spirituale, una coscienza forte della sua missione cristiana, può veramente accadere un grande prodigio, può rovesciarsi la direzione che sembrava ormai segnata verso il declino e si attua qualcosa di commovente.
Una comunità, dunque, che si è ritrovata unita e che anche dal punto di vista economico e sociale ha trovato una nuova risorsa…
R. – Certamente se ogni anno ci raggiungono 50 mila persone in 5 mesi di mostra, è ovvio che questo mette in moto energie e anche l'economia. Naturalmente, prima ancora dell’economia mette in moto energie, perché i giovani del Paese si sono attrezzati anche culturalmente ad accogliere gli accompagnatori delle opere d’arte che arrivano dal Louvre, dalla Tretyakov di Mosca, dal Prado o dai Musei Vaticani... Ognuno cerca di curare la propria corte, la propria casa, la bellezza del borgo. Ci sono quelli che si rendono disponibili ad accompagnare i visitatori a scoprire la Pieve vicina o gli scavi archeologici, i mulini e le attività del paese… Quindi c’è proprio una maggiore ricchezza in termini culturali, umani, sociali, prima di tutto. Ovviamente c’è anche lavoro e microeconomia che riparte e si sviluppa e che porta, tra l'altro, un beneficio bel al di là dei confini di Illegio perché molte delle persone che poi vengono alla mostra hanno piacere di scoprire qualche altro tesoro sparso qua e là sulle alture della Carnia.
Una delle mostre allestite ad Illegio ha trovato posto anche presso i Musei Vaticani, anni fa. La presentazione del documentario ora è avvenuta in Vaticano: qual è stata l’accoglienza, le reazioni del pubblico?
R. – Le reazioni sono state tutte di intensa commozione. Tutti sono rimasti avvinti dal linguaggio elegante e poetico di questo documentario, un vero e proprio film che sembra veramente una parabola spiritualmente toccante.
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