Giorgio La Pira, profeta della speranza
Gabriella Ceraso - Città del Vaticano
“Uno che ha il carisma di essere sempre giovane e che ha compiuto tanto bene rimanendo fedele sempre alla ricchezza dell’ispirazione cristiana". Sono le parole con cui in sintesi Papa Paolo VI all’udienza generale di mercoledì 3 novembre 1976 si rivolgeva all’onorevole Giorgio la Pira un “caro e vecchio amico” che regolarmente portava a Roma i giovani legati ai Villaggi della Gioventù ai quali dedicava il suo impegno formativo alla luce dell’insegnamento e della storia della Chiesa.
Una vita di studio e preghiera
Erano gli ultimi anni di vita di La Pira che sarebbe morto il 5 novembre del 1977, ma quell’idea di far studiare ai giovani la dottrina della Chiesa nei caldi anni settanta, fu tra i suoi tratti distintivi. Siciliano di nascita - classe 1904 - ma fiorentino di adozione, La Pira si forma agli studi di giurisprudenza e ai valori cattolici. Nel 1928 aderisce all’Istituto Secolare della Regalità di Cristo, fondato da padre Agostino Gemelli, inserito nell’Università Cattolica e legato alla spiritualità francescana. La Pira vive le sue giornate tra preghiera e studio al mattino e dedicandosi per il resto ai giovani con incontri formativi, all’organizzazione dell’Azione Cattolica, alla carità verso i poveri. Partecipa a varie Conferenze di S. Vincenzo: di studenti, di professionisti, di artisti; nel 1934 fonda per indigenti e bisognosi, l’Opera del pane di S. Procolo, che raduna ogni domenica intorno all’Eucaristia, pane per l’anima e per il corpo. Dopo la Messa La Pira parla ai presenti e prega con loro per i grandi temi della pace, della giustizia e della Chiesa. Si distribuisce pane benedetto e viene offerto un piccolo obolo, non un’elemosina ma il segno di una condivisione che poteva aspirare ad azioni più alte e significative. Durante la seconda guerra mondiale e nel dopoguerra l’Opera sarebbe diventata il punto di riferimento per sfrattati, ebrei, ricercati politici, disoccupati, abbandonati. La Pira collabora anche con il cardinale Elia Della Costa, per difendere gli ebrei e per risolvere le vicende fiorentine di quei tempi. Nel 1936 fissa la sua dimora nel convento domenicano di San Marco, centro di spiritualità, dell’arte e della storia di Firenze.
Uomo politico e diplomatico
Una carriera brillante lo portò a diventare docente di Diritto Romano all’Università di Firenze, deputato all’Assemblea Costituente nella lista della Democrazia Cristiana tra gli artefici maggiori dell’impostazione della Carta costituzionale, fu anche tre volte sindaco di Firenze - tra il 1951 e il 1964 - sempre tessendo insieme studio e preghiera, amore per la giustizia, la solidarietà, la pace e il dialogo, e promozione della dignità umana e della civiltà cristiana. Da qui il suo "sogno" di una "Firenze cristiana", "punto di attrazione di tutta la terra", i suoi vibranti appelli e le sue battaglie innumerevoli per l’occupazione, la vivibilità e l’accoglienza delle città, l’edilizia popolare o la sua lotta contro l’aborto. "Vedere, discernere e agire questo era il suo modo di fare politica."
Un impegno che assunse, a partire dagli anni cinquanta, un respiro mondiale. Da vero" profeta di pace”, per esempio, La Pira fu il primo uomo politico occidentale a varcare la “cortina di ferro” per chiedere al Soviet Supremo a Mosca nel 1958 di “tagliare il ramo secco dell'ateismo di Stato”; o ancora raggiunse gli Stati Uniti, il Vietnam, Helsinki, Budapest, Tunisi a confronto con capi di Stato e Pontefici, per dire la sua su sviluppo, diritti delle minoranze, disarmo e soprattutto pace. Episodi - spiega Mario Primicerio presidente della Fondazione La Pira - tutti fondamentali per capire quell'unione di "mistica e politica, di azione e contemplazione che sono l'aspetto più originale dell'esperienza lapiriana". (Ascolta l'intervista a Mario Primicerio)
Innamorato di Dio e al servizio del mondo
Giorgio la Pira "era soprattutto un uomo di fede, amato e amante di Dio come si definisce nelle sue lettere e questo ispirò tutta la sua vita". In politica, Primicerio parla di quante volte La Pira si fosse definito "sindaco di tutti" ma in particolare dei più bisognosi"; del suo sogno per una città "accogliente, coesa, solidale" in una parola, cristiana e "riflesso in terra della Gerusalemme celeste". Politica e bene comune: impegno di tutti ma impegno esigente. Per la Pira, ricorda Primicerio, i giovani devono essere ferrati e formati, non c'è spazio per il dilettantismo, tanto più per i giovani cristiani che desiderano impegnarsi nella vita pubblica. I detrattori che lo definivano "profeta" gli riconoscevano di "essere un sant'uomo ma quanto alla politica, era un'altra cosa". In realtà il suo essere "profeta" - afferma Primicerio - consiste nel fatto che "cercava di leggere la storia con gli occhi di Dio e anche il suo rivolgersi ai Papi o ai grandi della terra aveva lo stesso senso dei profeti dell' Antico testamento". Tante le tracce lasciate nel mondo in primo luogo l'impegno per la sicurezza e la coesione dell'Europa e poi la spinta al dialogo ebraico-palestinese come presupposto per la pace in Medio Oriente.
Commesso viaggiatore della speranza
Tra le tante definizioni che sono state attribuite a La Pira - dichiarato da Papa Francesco venerabile il 5 luglio 2018 - , il presidente della Fondazione che dello studioso siciliano porta il nome, ne preferisce due: "l'amico della povera gente" ossia di tutti coloro che hanno bisogno di fraternità e di vicinanza; e "il commesso viaggiatore della speranza". Ovunque andasse nel mondo - e Perimicerio ne fu testimone accompagnando nel novembre del 1965 La Pira nella difficile missione di pace ad Hanoi, dal presidente Hồ Chí Minh - portava la speranza, la "speranza che i cristiani interpretano come una realtà, cioè che il piano della provvidenza va verso la luce e mai verso le tenebre".
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