Vocazione: risposta alla chiamata di Dio esercizio della libertà
Federico Piana – Città del Vaticano
‘Il coraggio di rischiare per la promessa di Dio’. Il messaggio di Papa Francesco per la 56a Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che si terrà il prossimo 12 maggio, porta questo titolo, sintesi magistrale dell’atteggiamento che, soprattutto i giovani, devono mettere in atto come risposta concreta alla chiamata di Dio. Mons. Gualtiero Sigismondi, vescovo di Foligno e presidente della Commissione episcopale per il clero e la vita consacrata della Conferenza Episcopale Italiana, nel commentare quello che lo stesso presule definisce uno stimolo per prendere in seria considerazione la richiesta di Dio al dono completo di sé, parte proprio dalla promessa del Signore. “Mi viene in mente - afferma - la parola del salmista che dice al Signore: la tua promessa è più grande del tuo nome. Le promesse di Dio hanno l’unità di misura della grandezza del suo nome. Ad ogni promessa che il Signore fa ad ogni uomo risponde il mistero della libertà”.
Dio rispetta le nostre scelte
E la libertà Dio la rispetta sempre. Come ripete il Santo Padre nel messaggio ‘la chiamata del Signore non è un’ingerenza di Dio’. “Perché Dio – spiega mons. Sigismondi – non vuole fare nulla senza la nostra libertà. C’è una differenza tra il demonio e Dio: il demonio non può fare nulla senza la nostra libertà mentre Dio non vuole fare nulla senza la nostra libertà. Ha voluto aver bisogno della libertà di Maria e vuole avere bisogno della nostra libertà per renderci partecipi della promessa del suo dono”. Dunque, ogni risposta alla vocazione deve essere fatta da un cuore libero, senza catene.
Ogni vocazione ha un rischio, che vale la pena di essere corso
Ma è indubbio che ogni chiamata del Signore nasconde un rischio, che vale la pena di essere corso. Il Papa lo ricorda sottolineando la necessità di mettersi in gioco con tutto sé stessi, senza risparmio. “Sapete quale può essere uno dei rischi più pericolosi? – si domanda mons. Sigismondi -. E’ quello di fare della nostra libertà anziché un trampolino di lancio per tuffarsi nel mare aperto della fedeltà di Dio, uno scivolo verso l’abisso del male. Questo è il rischio che nelle nostre risposte è sempre in agguato, un pericolo che nasconde la grande difficoltà ad abbandonare noi stessi”.
Il Signore chiama ciascuno personalmente
La chiamata di Dio giunge sempre con un incontro, inatteso, tante volte insperato. Mons. Sigismondi si dice d’accordo con questo passo del messaggio di Papa Francesco. E integra il ragionamento affermando che “ogni incontro è tenuto a battesimo sempre da uno sguardo. Nelle chiamate del Signore sono gli occhi a parlare. L’occhio che è la lampada del corpo, il segno della bontà del nostro cuore. Nessun cammino di conversione inizia senza partire dagli occhi”. Ogni cammino vocazionale, in sostanza, è un incontro di sguardi discreti. Infatti è proprio di Dio chiamare con discrezione, ci tiene a precisare mons. Sigismondi
Aiutare i giovani a discernere
Papa Francesco chiede con forza a tutta la Chiesa di aiutare i giovani a discernere la propria vocazione chiedendo una ‘pastorale giovanile e vocazionale che aiuti alla scoperta del progetto di Dio’. Per mons. Sigismondi questa “insistenza del Papa su questo argomento ricorda a tutti che la pastorale giovanile deve avere un orizzonte vocazionale. Non è più pensabile una pastorale giovanile ‘a pioggia’ ma una pastorale giovanile ‘a goccia’. Non la pastorale delle iniziative prive di iniziativa o dei grandi eventi ma una pastorale giovanile del discernimento, dell’accompagnamento che richiede la collaborazione del tempo. Del resto il tempo è l’unità di misura dell’amore: Dio stesso, l’Eterno, è entrato nel tempo per darci la misura alta della carità. Quindi la pastorale giovanile non può prescindere da questa scelta strategica: una pastorale ‘a goccia’ che accompagni davvero ogni singolo giovane”.
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