Veglia pasquale a Gerusalemme: Dio ci ama e per amore ci crea
Emanuela Campanile - Città del Vaticano
Questa mattina, nella grande Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme, è risuonato l'Alleluja pasquale. Il primo ad essere pronunciato per ragioni di status quo – il regolamento che stabilisce i turni per le comunità cristiane presenti in questo luogo santo – e che ha dato origine al felice primato per cui, proprio la Chiesa di Gerusalemme, è la prima nel mondo a intonare il Preconio, l’antico inno che canta la vittoria del Signore sulla morte e sul peccato.
"In questa liturgia non celebriamo un ricordo - dice durante l'omelia mons. Pierbattista Pizzaballa, Amministratore Apostolcio del Patriarcato Latino di Gerusalemme -"Anche oggi, qui, Dio ama, crea, libera, conduce, perdona. Oggi, qui, Egli compie l’opera della Redenzione".
Prendendo poi brevi spunti da alcuni dei segni e dei gesti della Liturgia pasquale - la notte, il fuoco, l'acqua e il pane - mons. Pizzaballa tratteggia il senso di ciascuno di essi.
La Notte
"La luce che ha illuminato la nostra notte personale - sottolinea - portiamola nelle tante notti di questo tempo. Ci accorgeremo che la notte davvero non ha potere. Se abbiamo la luce, saremo luce".
Il Fuoco
Come per la luce, prosegue mons. Pizzaballa, anche dal fuoco benedetto arriva "la luce che illumina le nostre tenebre". Ma il fuoco, ricorda, è anche segno di purificazione, e allora "quale salvezza opera per noi, il fuoco benedetto? Cosa viene a purificare e giudicare?". "I nostri giudizi ingiusti e affrettati" e "l’incapacità" di apprezzare e riconoscere il bene. E il pensiero dell'Amministratore corre a coloro che sono stati condannati secondo giudizi umani e contro la giustizia:
Penso a coloro che per una causa ritenuta maggiore, giustificano giudizi falsi e condannano ingiustamente gli indifesi. Questa notte è per loro. La loro condanna è finita e giustizia è fatta. “Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori” (Gv 12,31)
L' Acqua
Ancora una sfida, ancora una domanda: "Di cosa e di chi abbiamo sete?". Mons. Pizzaballa continua dunque a interrogarsi e a interrogare insistendo: "Abbiamo sete di Dio e della Sua Parola? A quale sorgente attingiamo?". Se l'acqua purifica come il fuoco, vuol dire che "le nostre sorgenti sono state purificate, la nostra acqua è di nuovo pulita e fresca e ci disseta da tutte le nostre arsure (...) annunciamo - sottolinea - di avere abbandonato ogni altra bevanda, che non sia l’acqua che sgorga dal costato di Cristo".
Il Pane
"Segno conclusivo per eccellenza" che racchiude tutti gli altri è l'Eucarestia. Con la consapevolezza del bisogno del "pane dello spirito, che sazia il nostro desiderio di senso, la nostra fame di giustizia, di uguaglianza, di diritti, di una vita bella e degna", mons. Pizzaballa conclude così la sua omelia:
Questa notte noi vogliamo diventare pane spezzato, perché la vita che abbiamo ricevuto da Gesù Pane di Vita, allievi ogni fame di pane per il corpo, di giustizia e di vita per lo spirito. Non saremo noi a operare questo miracolo. Eccola qui, di fronte a noi. È da quella tomba vuota, da li, che tutto ciò è diventato possibile.
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