Mons. Cabezas: Pasqua in Venezuela, tempo di croce e speranza
Gabriella Ceraso - Città del Vaticano
Il popolo venzuelano soffre e soffre da anni costretto a privazioni continue e ad una condizione di vita critica, gestito da un potere spaccato tra il regime di Nicolás Maduro che vuole mantenere la presa sul paese, e l’opposizione di Joan Guaidó nominato dal Parlamento. Manca tutto: acqua, elettricità, servizi pubblici, carburante, ma la grande religiosità della gente non viene meno e nella Settimana Santa il popolo unisce la propia croce a quella di Cristo cercando rifugio e sostegno nella Chiesa. E' quanto racconta a Vatican News mons. Carlos Alfredo Cabezas Mendoza, vescovo della diocesi di Punto Fijo nell'estremo nord del Venezuela, che con gli altri pastori, si fa portavoce della "speranza che non muore", quella in Cristo.
I sacerdoti constatano una grande affluenza alle celebrazioni e una sete di preghiera, specie per i tanti che sono stati costretti a migrare, per le famiglie divise, i bambini rimasti soli. Nelle parole del presule c'è tutto il dolore per una vita che è cambiata, un Paese ricco e prospero è diventato una terra svuotata, senza cura, in cui i bambini muoiono per fame.
R. – Il nostro popolo venezuelano, da parecchi anni, sta soffrendo una situazione molto difficile, e in questi ultimi giorni è peggiorata, manca tutto. Abbiamo difficoltà con l’elettricità, con l’acqua con i servizi pubblici… Il popolo in tutti questi anni ha sofferto e in questi giorni della Settimana Santa unisce la sua sofferenza alla sofferenza di Cristo. Per me è importante vedere come la gente trova rifugio nella chiesa, nella preghiera.
E nelle intenzioni di preghiera di voi che siete pastori, nelle vostre parole di accompagnamento alla comunità, cosa c’è?
R. – Il comune denominatore è la speranza, una speranza che viene dalla fede, che viene da Cristo. Non è una speranza riposta negli uomini ma in Gesù che riempie la vita. Incoraggiare la gente, perché c’è molto scoraggiamento,ogni giorno è più difficile di quelli trascorsi. Per questo la parola, le parole che vengono da noi, nelle nostre omelie servono ad incoraggiare che la croce ci porta alla risurrezione e che questo è un passaggio necessario per la vita. La povertà estrema oggi è dappertutto. Qualche anno fa, una trentina, una quarantina di anni fa, questo Paese accoglieva un po’ la gente di tutto il mondo perché c’era il petrolio, c’era la prosperità; adesso i bambini muoiono perché non hanno niente da mangiare, gli ospedali non funzionano… E’ una situazione veramente difficile, critica.
E la gente partecipa alle funzioni e soprattutto cosa chiede?
R. – I sacerdoti mi dicono che non si è mai vista tanta gente in chiesa. La domanda che io sento più spesso è: “Prega per me”, e ti raccontano la loro sofferenza. O: “Prega per mio figlio”. E abbiamo anche un’altra realtà dolorosissima: tanti dei nostri connazionali sono andati via, tante famiglie sono oggi divise, divise nel senso che sono andati via i genitori… Tanti bambini sono rimasti da soli perché i genitori sono dovuti andare in altri Paesi per lavorare, per fare qualsiasi cosa e mandare i soldi a chi resta a casa. Noi non eravamo abituati ad emigrare ed è molto doloroso anche questo.
Se lei dovesse lanciare il suo messaggio per questa Pasqua, per il suo popolo, per la sua terra, sarebbe un messaggio per superare la solitudine e la povertà o per che cosa?
R. – Il mio messaggio è quello di aver fiducia in Gesù che è la speranza che non delude, come dice San Paolo. Cristo è la speranza che riempie tutta la nostra vita. Tanta gente mette la speranza nei leader politici o altro, ma è solo Cristo a riempire tutta la nostra vita. E' questo che ripeto in questi giorni nelle omelie: non perdiamo la fiducia.
Certo c’è bisogno anche, umanamente, della solidarietà, dell’amore per il prossimo più vicino, perché immagino che in condizioni così difficili stare uniti, stare insieme e aiutarsi sia la prima cosa che viene da fare…
R. – Sì, la solidarietà veramente emerge, emerge dappertutto. E’ anche il bello di questa situazione. Non solo qui nel nostro piccolo Paese, ma anche fuori: c’è tanta gente che ci aiuta, che ci dà una mano e questa è la meraviglia della nostra fede, di come siamo capaci di aiutarci fra noi specialmente quando siamo nella sofferenza. Io ho visto in questi anni, da quando sono vescovo, come la solidarietà emerge in modo spettacolare, come il fiore della primavera.
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