Premio per la pace ad Acs in aiuto ai cristiani perseguitati
Roberta Gisotti – Città del Vaticano
L’ambito premio viene conferito ogni anno dalla Missione Onu della Santa Sede a New York e dalla Fondazione Path to Peace a personalità ed istituzioni che si siano distinte nell’impegno per la pace nel mondo. A dare l’annuncio del vincitore 2019 stato l’Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York, mons. Bernardito Auza. La scelta è caduta sulla Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre “in riconoscimento del sostegno umanitario e pastorale offerto da Acs ai cristiani perseguitati in tutto il mondo”.
Da oltre 70 anni accanto a chi soffre per la fede
Nata nel 1947, fra le rovine e le devastazioni della seconda guerra mondiale, per iniziativa dal sacerdote olandese padre Werenfried van Straaten, Aiuto alla Chiesa che Soffre conta oggi 23 sedi nazionali ed arriva a finanziare ogni anno circa 5 mila e 500 progetti in 140 Paesi in tutto il mondo. Nel 2018 ha raccolto 110 milioni di euro, che sono andati in aiuto specie dei cristiani in Medio Oriente, sofferenti per le guerre e perseguitati già da molti da anni dal sedicente Stato islamico.
La libertà religiosa diritto dimenticato
Path to Peace va a premiare l’impegno corale di Aiuto alla Chiesa che soffre, riportando in luce il tema della libertà religiosa, trascurato negli ultimi anni, come sottolinea Alessandro Monteduro, direttore di Acs in Italia
R. – Noi pensiamo che sia un riconoscimento da dedicare in modo particolare alla generosità di più o meno 400 mila benefattori che in tutto il mondo sostengono quella che noi chiamiamo la Chiesa, le comunità cristiane perseguitate. Ci piace anche pensare che, attraverso Aiuto alla Chiesa che Soffre, questo riconoscimento sia stato pensato riflettendo e dedicandolo a quelle comunità cristiane perseguitate che in alcune realtà del mondo sono a dir poco eroiche e solo perché cristiani, solo perché rappresentanti di una fede patiscono le sofferenze più atroci. Aggiungo che riconoscere ad Aiuto alla Chiesa che Soffre un premio di questo tipo possa essere anche occasione per rilanciare il tema della libertà religiosa, che da qualche tempo a questa parte non è più ritenuto prioritario. Ricordiamo sempre che l’Articolo 18 della Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo pone la libertà religiosa, assieme alla libertà di coscienza e di pensiero, tra le libertà prioritarie dell’essere umano.
Nella motivazione viene messe in luce l’aspetto del sostegno umanitario ma anche pastorale offerto da Acs ai cristiani perseguitati.
R. - 72 anni fa, l’intuizione di padre Werenfried van Straaten, il suo fondatore, fu sì quella di dare ristoro ai milioni di pellegrini costretti a fuggire oltre la cortina di ferro, cioè da quelle che erano le realtà dell’Est europeo, dove il comunismo dominante rendeva impossibile potersi dire cristiani, ma ha sempre tenuto ferma l’attenzione sul sostegno ai progetti correlati alla pastorale. Questo cosa significa? Significa che nel mondo Aiuto alla Chiesa che Soffre nel corso dei 72 anni ha formato decine e decine di migliaia di giovani seminaristi, ha sostenuto altrettante religiose, si è dedicata alla costruzione e alla ricostruzione di luoghi di preghiera, di seminari, di monasteri, di qualsivoglia edificio religioso. E se a noi tutto questo può apparire banale, vi assicuro che farlo in realtà del mondo come Nigeria, Pakistan, Iraq, Siria oppure Eritrea, Sudan… è di una difficoltà assoluta. Sostenere la Chiesa perseguitata e sostenere la Chiesa povera, significa sostenere le comunità cristiane. Posso riferirmi a quello che accade oggi in Venezuela, dove i sacerdoti sono l’unica fonte di sostegno materiale oltre che spirituale per i tanti fedeli purtroppo sempre più poveri. Questa è una chiara ed esemplificativa dimostrazione.
Questo premio va anche alla generosità – come lei ha sottolineato – dei tanti benefattori. Voi toccate con mano che vi è nel mondo più generosità e altruismo di quanto si pensi nel comune sentire.
R. - È proprio così. È una realtà che negli ultimi anni è cresciuta enormemente e probabilmente ha inciso anche l’affacciarsi cruento dei diversi fondamentalismi; innanzi tutto del fondamentalismo di quelle organizzazioni terroristiche come Is, al –Shabaab in Somalia, come Boko Haram in Nigeria, come al-Qaeda nei Paesi del Maghreb islamico. Ma è una realtà che realmente dimostra come la comunità cattolica è sempre viva, nonostante la si voglia magari rappresentare in un differente modo. Noi vogliamo anche definirla feconda, nel senso che non lesina la propria generosità per sostenere quei fratelli che eroicamente continuano a rivendicare la fede.
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