Sabato Santo, il giorno del silenzio
Roberta Barbi - Città del Vaticano
Il Sabato Santo, o Grande Sabato, da qualcuno è stato definito giustamente “il giorno più lungo”, un tempo di riflessione che può dilatarsi nella vita di ognuno. Non ci sono celebrazioni, è un giorno “aliturgico”, non ci si accosta all’Eucaristia, ma si aspetta in silenzio, per rivivere lo sgomento degli apostoli dopo la morte di Gesù. Pur iniziando la sera del sabato, infatti, la Veglia Pasquale è considerata parte della liturgia della Pasqua di Resurrezione. È anche il giorno della “crisi” della Parola: i Vangeli stessi non raccontano nulla, possiamo solo immaginare che questo sia il tempo in cui il corpo di Gesù rimane nel sepolcro, mentre gli apostoli, essendo giorno di risposo per gli ebrei, restano senza sapere cosa sarebbe accaduto dopo.
Non è sempre stato silenzio…
La riforma liturgica di Pio XII ha in qualche modo “ripristinato” il Sabato Santo come giorno del silenzio e dell’attesa, in cui ogni cristiano, anche oggi, medita sulla morte di Gesù e sulla propria, esercitandosi nell’attesa di quest’ultima, ineluttabile fine della vita terrena. In questo giorno la fede è provata perché il Messia è morto e non si sa cosa accadrà, si può solo vivere in attesa che il vuoto che si prova venga riempito.
Il giorno della discesa agli Inferi
Anche se tutto tace, Cristo agisce. Secondo l’antica tradizione, infatti, in questo giorno, Gesù discende agli Inferi, nelle profondità del Regno della morte per salvare l’uomo e portarlo con sé in cielo, dove ci precede e dove ci attende a braccia aperte. Negli Inferi incontra Adamo, il primo uomo che qui simboleggia l’intera umanità, lo scuote, lo sveglia e gli dà l’annuncio della salvezza da cui nessuno è escluso, ponendo, di fatto, un ponte tra la tomba e il Regno di Dio. Gesù porta l’arma infallibile della Croce, perché “con la morte vince la morte”.
L’Ora della Madre
Da una trentina d’anni il Sabato Santo è anche il giorno in cui, come vuole la tradizione bizantina, si celebra l’Ora della Madre. Ci si concentra cioè sulla figura di Maria in cui in questo giorno si sommano il dolore per la morte del figlio e la speranza per la sua Resurrezione. Maria è indicata come Mater Dolorosa già da Sant’Ignazio di Loyola; l’abbiamo lasciata ai piedi della Croce, abbandonata dal Figlio che è morto e che prima di spirare l’ha affidata a Giovanni, perché Maria, chiamata alla missione di Madre, non può rimanere senza figli. Ma il dolore e la fede di Maria qui sono il dolore e la fede da cui nasce l’intera Chiesa che sta lì, con lei, ai piedi della Croce, a farsi illuminare dalla speranza. Dall’Anno Mariano del 1987, infine, questa celebrazione a Roma si svolge nella Basilica di Santa Maria Maggiore.
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