Compie 50 anni la Congregazione delle Cause dei Santi
Roberta Barbi – Città del Vaticano
La santità è il gioiello più prezioso che la Chiesa conserva, segno che il frutto ha raggiunto la sua piena maturità nei cieli. Dal Concilio Vaticano II in poi, è stato meglio specificato che non soltanto i religiosi, ma anche i laici possono ambirvi, perché tutti siamo chiamati alla santità e la salvezza è il destino di tutte le nostre vite. E proprio nel solco del Concilio, Paolo VI decide di dividere la Sacra Congregazione dei Riti in due altre congregazioni: una per il Culto divino e l’altra, appunto, per le Cause dei Santi perché “altra cosa è la liturgia e altra cosa sono le cause dei Santi, e che in ciascuno dei due campi occorre un diverso studio e cultura e si deve procedere con metodo diverso”. È un bilancio positivo, quello degli ultimi 50 anni di vita della Congregazione, tracciato dall’attuale Prefetto, card. Angelo Becciu, che in un’intervista pubblicata dall’Osservatore Romano il 6 maggio scorso ricorda perché la Chiesa canonizza i Santi: “È una tradizione antica… il fulcro fondamentale è che la Chiesa ha creduto sempre alla raggiungibilità della santità da parte dei suoi membri e che questi dovevano essere conosciuti e proposti alla venerazione pubblica”.
La Costituzione Apostolica Sacra Rituum Congregatio
L’idea di Paolo VI, comunque, non è del tutto nuova: la separazione della Congregazione dei riti in due diversi dicasteri era già stata accennata da Pio X alla Commissione per la riforma della Curia, ma poi non aveva avuto seguito. Con la già citata Costituzione Apostolica, la nuova Congregazione interamente dedicata ai Santi risponde alla “necessità di aggiornare le leggi relative alle cause dei Santi secondo la modalità del nostro tempo”, come scrive il Santo Padre. A capo della nuova realtà viene posto il cardinale Paolo Bertoli in qualità di Prefetto, a cui rispondono tre uffici. L’Ufficio giudiziario si occupa dell’esame delle suppliche per l’introduzione di nuove cause e di indagare su asseriti miracoli; il secondo Ufficio, presieduto dal Promotore Generale della Fede, tratta degli scritti dei Servi di Dio e di tematiche come il martirio, le virtù eroiche, la conferma di culti antichi e l’attribuzione a un Santo del titolo di Dottore della Chiesa; il terzo Ufficio - storico-agiografico - infine, esamina gli asseriti miracoli attribuiti all’intercessione di un Servo di Dio e si pone in continuità con la Sezione storica creata nel 1930 da Pio XI.
Sulla scia del Concilio Vaticano II
La santità di molti cristiani e di molte comunità, specialmente dei Santi eroici, è un modo attraverso il quale Dio continua a manifestarsi: ne sono convinti anche i padri conciliari, che perciò iniziano una riflessione cui seguirà la sistematizzazione che abbiamo anticipato. “Tutti i cristiani, come figli di Dio, hanno pari dignità, dal Papa al più anonimo dei fedeli; tutti sono chiamati alla santità e alla missione evangelizzatrice. Tutti sono incoraggiati a tendere seriamente verso la vetta della santità evangelica”. (Concilio Vaticano II, Lumen Gentium, 40-41). Durante il Concilio, quindi, si approfondisce la prospettiva della santità oggettiva della fede, dei sacramenti e dei carismi, e la soggettività dei cristiani che accolgono e testimoniano l’amore di Cristo. Si arriva, dunque, al riconoscimento ufficiale della santità considerando le virtù eroiche, la fama di santità e la conferma dei miracoli.
Un po’ di storia…
Prima del 1969, dei Santi - come detto - si occupava la Sacra Congregazione dei Riti, istituita con la Costituzione Apostolica Immensa Aeterni Dei, promulgata da Sisto V il 22 gennaio 1588. Questo istituto aveva il compito di regolare il culto divino e trattare, appunto, le cause dei Santi: due competenze che furono sottoposte allo stesso dicastero in quanto ogni processo di canonizzazione si conclude proprio con l’introduzione di un nuovo Santo nel culto della Chiesa. Appena prima della Sacra Rituum Congregatio, comunque, il Pontefice aveva pubblicato la Sanctitas Clarior il 19 marzo 1969, in cui si unificavano i processi ordinario e apostolico in modo da semplificare la fase istruttoria della procedura canonica. Si chiarisce già, quindi, il compito della nuova Congregazione: non quello di “fare Santi”, come scrive il Relatore generale dei Frati Minori cappuccini, Vincenzo Criscuolo sull’Osservatore Romano del 6 maggio 2019, ma “eseguire un meticoloso e scrupoloso lavoro di accertamento, studio e verifica della santità”, distinguendo quindi se la persona esaminata sia soltanto un buon cristiano o sia degna di diventare un modello per la Chiesa universale.
I Santi della nuova Congregazione
I Santi, oltre che essere invocati come intercessori presso Dio, vengono proposti, infatti, come modelli esemplari da imitare: proporli come tali induce a considerare la santità come la misura alta della vita cristiana ordinaria. Così, tra le prime canonizzazioni curate dalla nuova Congregazione c’è quella del religioso dei Frati Minori Nicola Tavelić e tre compagni martiri, celebrata da Paolo VI in San Pietro domenica 21 giugno 1970. Questo frate, entrato giovanissimo tra i francescani, predica a lungo in Croazia prima di essere inviato alla Custodia di Terra Santa dove trova la morte da martire nel 1391. Nella sua omelia, il Papa cita la seguente osservazione del Relatore Generale della sezione storica della Congregazione: “I Frati francescani giungevano in Palestina nei secoli XIII-XV con una preparazione psicologica orientata verso il martirio, cioè verso la perfetta imitazione di Cristo”.
Dal 1969 ad oggi
Al cardinale Bertoli seguono alla guida della Congregazione in qualità di prefetti il cardinale Luigi Raimondi e il cardinale Corrado Bafile. Un nuovo assetto al dicastero, quando è prefetto il cardinale Pietro Palazzini, viene dato dalla Costituzione Apostolica di Giovanni Paolo II Divinus perfectionis Magister del 25 gennaio 1983 e dal successivo regolamento. In particolare risulta modificata la norma che consente ai vescovi delle diocesi iure proprio di istituire le cause di canonizzazione e si crea un Collegio di Relatori che ha la funzione di scrivere le positio riguardanti il martirio, la vita, le virtù e la fama di santità dei Servi di Dio. Centrale, quindi, piuttosto che la fase di dibattito, diventa la fase dell’esame dei documenti. Già nel 1981 sul tema della santità erano stati affrontati due importanti argomenti: la possibilità di beatificazione e canonizzazione di bambini e adolescenti (7-14 anni) e i criteri e requisiti necessari per la concessione del titolo di Dottore della Chiesa, ma al superamento dell’apparente incompatibilità tra questo e il titolo di martire si arriverà solo nel 2008. Il 2 giugno 1984, inoltre, si annette al dicastero lo "Studium", un organo destinato alla formazione dei postulatori delle cause, mentre con la suddetta Costituzione Apostolica Pastor Bonus di Giovanni Paolo II del 28 giugno 1988, la Congregazione assume il nome che ha oggi: Congregazione delle Cause dei Santi. Proprio Giovanni Paolo II nella Lettera Apostolica Tertio Millennio Adveniente del 10 novembre 1994, in preparazione al Giubileo del 2000, ricorda che come la Chiesa del primo millennio nacque sul sangue dei martiri, al termine del secondo è diventata nuovamente Chiesa di martiri: sarà dunque compito della Sede Apostolica prestare grande attenzione alla santità di quanti, in questo nuovo tempo, vivono pienamente nella verità di Cristo, in particolare gli uomini e le donne che hanno realizzato la loro vocazione cristiana nel matrimonio. Dal 1969 a oggi, poi, si sono succeduti altri quattro prefetti: il cardinale Angelo Felici, il cardinale Alberto Bovone, il cardinale José Saraiva Martins e il cardinale Angelo Amato, al cui ritiro, a fine agosto del 2018, è seguito l’attuale Prefetto, cardinale Angelo Becciu.
Santi e Beati, oggi
Dopo la riforma del 1969 si nota un’incredibile fioritura delle cause di canonizzazione: addirittura quelle degli ultimi 50 anni superano quelle dei primi 350. Questo è dovuto ovviamente a uno snellimento della procedura, non per ultimo al fatto che i primi promotori delle cause diventano le diocesi o gli istituti religiosi stessi, in seno ai quali si svolge la gran parte dei processi che solo a un certo punto “arrivano a Roma”, ma soprattutto ha permesso di sottolineare la dimensione davvero universale della santità nella Chiesa, così che ogni nazione, ma anche ogni ordine o congregazione può finalmente vedere riconosciuta la santità del proprio fondatore. È come se la santità in questi ultimi 50 anni fosse diventata un “diritto universale”, come scrive il Promotore della fede Carmelo Pellegrino sull’Osservatore Romano del 6 maggio 2019: non ha confini geografici né limiti di età. Tra i nuovi Santi, infatti, ci sono sacerdoti "pericolosi", giovani rivoluzionari, madri che sacrificano la propria vita per dare alla luce un figlio, sposi fecondi. La società, la politica e l’università diventano insospettabili fucine di santità, si scopre che la migrazione esporta santità e che questa risiede anche nella custodia dell’innocenza difesa fino al martirio. I Santi, insomma, vivono tra noi, e se camminiamo nella luce di Cristo, possiamo essere perfino noi stessi.
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