Cei: il futuro delle parrocchie senza preti
Federico Piana- Città del Vaticano
Può esistere una parrocchia senza preti? Alla domanda, provocatoria, cercherà di rispondere la 69.a Settimana nazionale di aggiornamento pastorale organizzata a Torreglia, in provincia di Padova, da domani e fino al prossimo 27 giugno. Il titolo dell’incontro, organizzato dal Centro di Orientamento Pastorale (Cop), è: "Parrocchie senza preti. Dalla crisi delle vocazioni alla rinnovata ministerialità laicale" e nasce da un osservazione oggettiva della realtà: in Italia i sacerdoti sono sempre meno mentre crescono le comunità parrocchiali ‘orfane’ di presbiteri.
Uno sguardo positivo
A scanso di equivoci, don Antonio Mastantuono, vicedirettore della rivista ‘Orientamenti Pastorali’, ci tiene a mettere in evidenza una realtà che non può essere in nessun modo modificata: “Il titolo del nostro incontro è certamente ad effetto. In realtà, non può esserci una comunità cristiana che non si raduni attorno all’eucaristia. Una comunità cristiana, però, si fonda sull’eucaristia, sulla parola e sulla carità. Le tre cose vanno insieme. E anche se dovesse calare il numero delle celebrazioni eucaristiche per mancanza di parroci la comunità cristiana non cesserebbe d’esistere”.
Accorpamento parrocchiale, segno di una Chiesa missionaria
Cosa fare? Quali rimedi mettere in campo per contrastare una tendenza percepita come irreversibile? Una ricetta precisa, ovviamente, non c’è. mons. Domenico Sigalini, vescovo e presidente del Centro di Orientamento Pastorale, punta i riflettori sulla scelta di accorpare più parrocchie per ottimizzare le forze sacerdotali: “Va vista come decisione missionaria, con la quale può avvenire una maggior responsabilizzazione dei laici. Il Cop è da più di vent’anni che se ne sta occupando”.
Essenziale rivalutare i laici
A questo punto, il ruolo dei laici deve essere rivalutato. Con una particolare attenzione, ammonisce mons. Sigalini: che non diventino dei “mezzi preti”. “Il loro ruolo nelle parrocchie è quello di realizzare la propria vocazione cristiana. Per esempio, il battesimo ci rende tutti corresponsabili della vita di una comunità. Che non vuol dire diventare collaboratori a tempo, soltanto prestatori di servizi. Chi costruisce una comunità cristiana non e solo il parroco, ma anche le famiglie, i giovani, i professionisti”.
Com’è cambiato il ruolo del prete
Nel convegno, si traccerà anche l’identikit attuale del prete. Negli anni è mutato più volte, ammette mons. Sigalini. “Siamo abituati ai parroci che ogni domenica celebrano la messa nella propria parrocchia ma in molte zone d’Italia questo, sempre più spesso, non sarà possibile. In quel caso i membri di quella comunità dovranno spostarsi in un’altra chiesa nella quale sono state accorpate numerose realtà parrocchiali. Dunque, il parroco dovrà distribuirsi in maniera diversa con tutte le conseguenze pastorali”. La parrocchia, spiega ancora mons. Sigalini, non è più “la fontana del villaggio. I fedeli oggi fanno esperienza di una chiesa missionaria. Una Chiesa in uscita”.
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