Pentecoste, la festa del ritorno all'unità
Roberta Barbi - Città del Vaticano
“Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all'improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d'esprimersi”. (At 2, 1-4)
Celebrare la Pentecoste significa vivere nuovamente il dono gratuito dello Spirito Santo – colui che possiede la santità per natura, non la riceve per grazia – che per i cristiani è quasi una nuova creazione. È anche il giorno della nascita della Chiesa e della nostra vita in Cristo, il giorno Santo in cui il popolo di Dio ritrova l’unità. Quello che lo Spirito, infatti, ci fa superare, non è la diversità, che può essere ricchezza, bensì la separazione che a volte dalla diversità può derivare. Si tratta di una delle feste più antiche del calendario cristiano.
Pentecoste e Ascensione
Nella prima metà del III secolo già Tertulliano e Origene parlano della Pentecoste come di una festa che segue quella dell’Ascensione e conferma la promessa fatta da Cristo proprio in quell’occasione: con la venuta dello Spirito, Gesù ribadisce che sarà sempre accanto ai discepoli e al popolo intero dei battezzati. Il dono dello Spirito è, dunque, quello della vita in Cristo che ai fedeli è data attraverso i sacramenti: non è un caso, infatti che – soprattutto nelle liturgie orientali – s’invochi lo Spirito nella benedizione dell’acqua, del pane e del vino e degli oli usati nelle liturgie sacramentarie. Nel IV secolo la Pentecoste è una festa già comunemente celebrata a Gerusalemme, come ricorda la pellegrina Egeria, e propone il tema del rinnovamento che la venuta dello Spirito ha operato nel cuore degli uomini. In alcune liturgie la Pentecoste è strettamente legata all’Ascensione: si rievoca, infatti, il raduno sul Monte degli Ulivi in cui Gesù, salendo alla destra del Padre nei Cieli, manda nel mondo il dono dello Spirito, capace di illuminare la vita degli uomini, di aprire le loro menti, di renderli una Chiesa sola.
Nascita della Chiesa
La celebrazione di Pentecoste era, per gli ebrei, la festa delle Settimane, una ricorrenza di origini agricole in cui si esaltavano le primizie della mietitura e si festeggiava il raccolto dell’anno. Per i cristiani è il momento in cui Cristo, tornato alla gloria del Padre, si fa presente eternamente nel cuore dell’uomo attraverso lo Spirito. La Pentecoste rappresenta la nascita della Chiesa e segna l’inizio della sua missione evangelizzatrice. Il dono dello Spirito è dono a tutto il popolo di Dio: tutti gli uomini diventano portatori di Spirito Santo. Si celebra non solo lo Spirito Santo, ma tutto ciò che lo Spirito fa e opera in ognuno di noi.
Il simbolo del fuoco
Nel racconto della venuta dello Spirito, il luogo dove si trovano riuniti i discepoli è paragonato a una barca nella tempesta che il Signore fa cessare mandando le lingue di fuoco che non bruciano i discepoli, ma illuminano le loro menti. L’immagine divina del fuoco con il suo calore e i suoi effetti, applicata all’azione dello Spirito, diventa simbolo di realtà spirituali. L’opera divina dello Spirito agisce attraverso l’Eucaristia: chi se ne ciba è vivificato da essa, riceve il perdono dei peccati e il dono dell’immortalità dell’anima, cioè della salvezza. A livello simbolico e rappresentativo, inoltre, si evita di accostare lo Spirito a un’immagine antropomorfa, perché Egli rivela non il proprio volto, ma quello di Cristo. Lo Spirito, infine, è presente in ogni momento della storia della salvezza: nella creazione del mondo, nell’Annunciazione alla Vergine e, alla fine, nella Pentecoste.
La rappresentazione iconografica della Pentecoste
Nelle icone che raffigurano il momento della Pentecoste, gli apostoli sono radunati come per una liturgia e siedono su una panca semicircolare in cui si annunciava la Parola: questo perché a partire da quel momento, in cui avranno ricevuto lo Spirito dentro di loro, saranno loro a portare quella Parola al mondo, in una lingua finalmente comprensibile a tutti. Gli apostoli sono disposti in due blocchi, in mezzo ai quali c’è il trono vuoto, a simboleggiare la seconda venuta di Cristo alla fine dei tempi. Alcuni dei Dodici, inoltre, hanno in mano un libro, la dottrina; altri un rotolo, cioè la predicazione che sulla dottrina si fonda. Tra loro si riconoscono Pietro e Paolo, gli evangelisti Luca e Marco e lì non sono solo i Dodici, ma rappresentano tutta la Chiesa.
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