Chiesa cattolica in Eritrea: chiusura delle cliniche viola la libertà religiosa
Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
In Eritrea la confisca, nelle ultime settimane, di 22 cliniche di proprietà della Chiesa cattolica non è stata, come riferito dal Ministero della Sanità del Pese africano, una semplice “operazione amministrativa” finalizzata alla consegna di tali strutture, sparse in tutto il territorio, al governo eritreo. Si è trattato invece di una chiusura, di un provvedimento di nazionalizzazione scaturito da decisioni unilaterali. È quanto precisa, in una lettera, il Segretariato eritreo della Chiesa cattolica sottolineando che la chiusura delle cliniche è stata imposta e non è stata preannunciata con un preavviso. Tale decisione non è stata inoltre preceduta dall’avvio, da parte dell’esecutivo, di un dialogo con la Chiesa cattolica.
Chiusura preceduta da minacce e intimidazioni
Quella di Zager è stata l’ultima clinica cattolica chiusa dal governo. Le suore che gestivano questo ospedale sono state allontanate senza poter più disporre delle attrezzature sanitarie. Nel Paese africano - si ricorda nel documento - erano già state chiuse lo scorso anno, sempre per volontà del governo, altre 8 strutture. Il segretariato della Chiesa cattolica precisa che, durante le concitate fasi di chiusura, non sono mancate minacce e intimidazioni. Si sono registrati anche episodi di forte tensione. Al personale, in diversi casi, è stato intimato di lasciare le cliniche dopo aver firmato l’atto di cessione dei locali, un atto in realtà di competenza solo delle autorità ecclesiastiche.
Minata la libertà religiosa
Nella missiva, il Segretariato della Chiesa cattolica risponde anche a quanti, in questi giorni, hanno ribadito che in Eritrea “la libertà religiosa è protetta e garantita dalla legge”. Le recenti requisizioni delle cliniche, si precisa nel documento, impediscono di adempiere al comandamento dell’amore fraterno. Con la chiusura delle cliniche è stato violato anche un altro diritto: quello delle persone di avvalersi dei servizi sanitari della Chiesa cattolica. Il Segretariato sottolinea anche che le istituzioni cattoliche non possono essere accusate di “interferire” con il mondo della politica, di discriminare le persone in base alla loro appartenenza etnica e religiosa.
Non si possono vietare le opere di carità
Secondo il governo eritreo, la chiusura delle strutture sanitarie è conforme alle norme, introdotte nel 1995, che limitano le attività delle istituzioni religiose. Il Segretariato della Chiesa cattolica precisa che una linea politica “laica” o “secolare” non può essere il pretesto per giustificare un’appropriazione indebita di beni e per impedire di fornire servizi sociali e assistenziali. Non risulta infatti che altri Paesi, in nome di una politica laica, abbiano vietato le opere caritative della Chiesa. Non è vero, si legge inoltre nella lettera, che la chiusura delle cliniche non abbia avuto un impatto rilevante per il panorama sanitario nazionale eritreo. Tali strutture, si ricorda nel documento, erano un importante punto di riferimento, ogni anno, per almeno 200 mila persone, soprattutto cittadini poveri e bisognosi.
Dipendenti delle cliniche accusati ingiustamente
Nella lettera del Segretariato cattolico si ricorda poi che i dipendenti delle cliniche sono stati ingiustamente accusati, in particolare da alcune fonti di stampa, di aver sottratto somme di denaro destinate alle attività delle cliniche. La confisca delle strutture sanitarie, secondo questa ricostruzione giornalistica, sarebbe una risposta del governo a tali episodi. Si tratta, in realtà, di notizie false. Anche i rappresentanti del governo che, secondo il linguaggio usato dall’esecutivo, “hanno ricevuto in consegna” le cliniche - si legge infine nel documento - non hanno mai riferito di casi di corruzione o di una amministrazione finanziaria non corretta.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui