Oggi la Trasfigurazione del Signore, luce che tutto illumina
Roberta Barbi - Città del Vaticano
Circa otto giorni dopo aver annunciato agli Apostoli la Sua Passione, Gesù si apparta con tre di loro che erano i suoi preferiti, o forse semplicemente i più pronti a vedere, e sale con loro su una montagna. Pietro, Giovanni e Giacomo qui hanno una visione di Gesù trasfigurato, cioè splendente di luce e di Gloria, mentre accanto a Lui compaiono anche Mosé ed Elia che parlano della prossima morte di Gesù a Gerusalemme. A quel punto gli Apostoli cadono in un sonno profondo perché tutto quello che stanno vivendo è per loro insostenibile. Si risvegliano avvolti da una nube, da cui odono la voce di Dio e la sua raccomandazione di ascoltare Gesù, che chiama “il suo Figlio prediletto”.
La simbologia del monte
Sebbene nel corso dei secoli siano state avanzate diverse interpretazioni – come quella sul Monte Hebron – è certo che la montagna su cui Gesù conduce gli Apostoli sia il Tabor. Ma quello che è interessante è il significato di questo simbolo: l’altura è sempre il luogo in cui si può incontrare Dio, contrapposto alla grotta che in genere simboleggia il mondo umano, sensibile. Dio, ad esempio, aveva dato a Mosé le Tavole della Legge sul Sinai, un altro monte; e un parallelismo c’è anche con il Golgota, il luogo in cui Gesù viene crocifisso.
La luce che tutto illumina
La festa della Trasfigurazione esprime nella maniera più completa la teologia della divinizzazione dell’uomo e lo fa attraverso l’espressione della divinità di Cristo, il cui simbolo è la luce. Nelle rappresentazioni iconografiche che illustrano la Trasfigurazione, infatti, ogni cosa è illuminata, ma è come se ci fossero più sfumature: nel testo evangelico, infatti, si dice che Cristo appare di una luce abbagliante, in realtà la luce con cui Gesù si presenta non è la sua vera luce perché nessun uomo può vedere davvero il divino e restare vivo. Come teofania, anticipata da quelle veterotestamentarie e a sua volta anticipatrice della Risurrezione di Gesù di cui condivide proprio il simbolo della luce, la Trasfigurazione è anche una manifestazione trinitaria: qui, infatti, mentre il Figlio appare con la sua carne trasfigurata e il Padre è presente con la voce, c’è anche lo Spirito Santo, rappresentato dalla nube luminosa.
Mosé ed Elia, poi gli Apostoli
Nella scena della Trasfigurazione, la presenza di Mosé ed Elia accanto a quella dei tre apostoli, sottolinea la doppia natura di Cristo, che è insieme umana e divina, come pure la fondazione della Chiesa stessa. Mosé viene in genere raffigurato a destra, con la barba corta, il volto giovanile, che porge a Gesù le tavole della legge; Elia è l’altro, con capelli e barba lunga, è lì come simbolo di tutti i profeti e infatti indica Cristo: l’oggetto delle loro profezie, il Messia. Gesù, in mezzo a loro, è venuto non per abolire la legge o contraddire i profeti, bensì per portare a compimento entrambi, perché tutti guardano all’unica verità che è Dio. Sotto ci sono gli apostoli, che sono innanzitutto uomini e come tali sbagliano: basti guardare Pietro, che propone di rimanere lì, tirando su tre tende. I loro errori, la loro finitudine, la loro incapacità di capire, inscindibile dalla natura umana, sono quelle di ognuno di noi.
La festa della Trasfigurazione
Tra le dodici grandi feste del calendario bizantino, che si celebra dalla vigilia fino all’ottava successiva, la Trasfigurazione cade il 6 agosto perché secondo un’antica tradizione sarebbe avvenuta 40 giorni prima della crocifissione, cioè 40 giorni prima della festa dell’Esaltazione della Croce che è il 14 settembre. In Oriente si comincia a celebrare la solennità della Trasfigurazione alla fine del V secolo ed è documentata nel VII nella Siria occidentale. In Occidente le prime testimonianze in merito risalgono alla metà del secolo IX, ma alla sua diffusione contribuisce molto Pietro il Venerabile, finché Papa Callisto III nel 1457 la inserisce nel calendario della Chiesa universale.
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