Medjugorje. Mons. Fisichella: il Vangelo, proposta di libertà per tutti
Benedetta Capelli – Città del Vaticano
Correre per annunciare la Buona Novella con dolcezza e rispetto, testimoniare con la vita la bellezza del Vangelo, toccare il cuore e la mente di chi è lontano da Dio. L' arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione, disegna così la figura dell’evangelizzatore di oggi, parlando ai tanti ragazzi che dal primo agosto sono a Medjugorje, in Bosnia-Erzegovina, per il “Festival dei giovani”. L’evento si conclude stasera, con un a Messa celebrata da mons. Fisichella mentre la mattina del 6 agosto, alle 6, sarà celebrata una funzione sul monte Križevac.
Aprire il cuore alla grazia
A guidare la riflessione del presidente del dicastero vaticano, l’incontro di Filippo con l’etiope riportato negli Atti degli Apostoli ma “il cuore del racconto – spiega mons. Fisichella - è l’azione di Dio che apre il cuore dei due per farli diventare annunciatori convinti del Vangelo di Gesù Cristo”.
Il Vangelo è una proposta di libertà per tutti. Esso è salvezza per quanti desiderano dare senso pieno alla loro vita e sono disposti ad aprire il cuore per lasciarlo trasformare dalla forza della grazia.
Filippo l’evangelizzatore
Se l’etiope nel suo non comprendere la Sacra Scrittura pur leggendola non è lontano dai nostri contemporanei, Filippo è “il nuovo evangelizzatore”, chiamato ad “alzarsi” e mettersi in cammino per raggiungere l’etiope. “L’ansia per annunciare il Vangelo – afferma Fisichella - è una corsa”.
La simpatia per il destinatario è un tratto fondamentale della nuova evangelizzazione. Quando avviciniamo qualcuno lo dobbiamo fare con “dolcezza” e “rispetto” sapendo che mettiamo in gioco la sua libertà.
Da qui nasce la provocazione, la domanda diretta all’etiope sul comprendere ciò che si legge. Con passione e convinzione, Filippo spiega e rivela che Cristo è il Salvatore. “Parla con cognizione di causa di tutto ciò che ha visto e udito, ma lo fa con il cuore che gli arde all’interno perché sa che sta parlando del Figlio di Dio in cui lui ha posto tutta la sua vita”.
La condizione nuova del battezzato
Filippo, guidato dallo Spirito, testimonia con la sua vita, evangelizza toccando il cuore e la mente dell’etiope che sceglie di battezzarsi, abbracciando una nuova condizione. In quel momento anche lui diventa evangelizzatore.
Impariamo da loro ad essere obbedienti alla voce dello Spirito. Rendiamoci disponibili a lasciare quanto stiamo facendo per seguire la sua indicazione. Corriamo per strada per raggiungere quanti hanno desiderio e nostalgia di Dio. Offriamo loro la Parola che salva e che perdona. Una parola che parla di Amore perché orienta a vedere la fonte stessa dell’amore: Cristo, il Figlio di Dio incarnato, morto e risorto per noi.
L’uomo, un mistero
Mons. Fisichella si spinge poi a riflettere sulle domande di sempre: “Chi è l’uomo? E cosa lo lega a Dio”. Un uomo sempre più guidato dalla scienza, dalla tecnica che arriva anche a manipolare l’embrione. E’ importante allora guardare a Maria, icona di fede, obbediente ma che si interroga sulla propria chiamata e allo stesso tempo si affida scoprendo che “solo all’interno del mistero la sua esistenza acquista un senso profondo”. L’uomo resta comunque un mistero a se stesso e spesso la vita e la morte lo portano a verificare “l’enigma” della sua condizione.
Se egli vuole trovare la soluzione che permetta una via d'uscita dall'enigmaticità dell'esistenza, può inserirsi nel percorso che conduce a Gesù Cristo, condizione che gli consente di rimanere libero davanti a se stesso, capace di superare la contraddizione perché posto nella possibilità di raggiungere il senso dell'esistenza.
“Voglio trovare un senso a questa vita…”
Nel citare la canzone di Vasco Rossi, “Un senso”, il presidente del Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione sottolinea che la risposta “è legata a una vera conversione del cuore di chi sa ascoltare e scoprire la propria vita inserita in quella di un mistero più grande che ti accoglie a vivere nell’amore”. “Senso è condizione vitale per motivare il proprio essere radicati in una tradizione e in una storia e non si è individui isolati in un mondo che non ci appartiene. Senso – spiega mons. Fisichella - è capacità di saper guardare al presente ricevendone le sfide, è apertura alla trascendenza come spazio entro cui la forza di infinito che è in ognuno di noi trova finalmente compimento”.
La fede, risposta di senso
“Questa vita nella carne io la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me”, citando San Paolo, mons. Fisichella chiede se è possibile credere oggi nella vita di tutti i giorni, nella cosiddetta “era del vuoto” nella quale “si stanno bruciando intere generazioni solo per evitare di chiedere loro un impegno radicale”. Da qui l’invito anche ai sacerdoti ad essere “sentinelle capaci di vegliare e mantenere viva l’attenzione per il futuro”.
Il sigillo dell’amore
“Che senso ha amare ed essere amato?” E’ una domanda difficile ma solo provando a dare una risposta si affronterà la domanda sul senso del dolore e della morte. Il presidente del dicastero vaticano ripropone il Cantico dei Cantici, in particolare il verso: “Forte come la morte è l’amore”. “Se è vero - spiega mons. Fisichella - che non si può resistere alla morte, è altrettanto vero che non si può resistere all’amore”, un sigillo che è il simbolo dell’amore che “non si scioglie, esso dura per sempre e vuole andare oltre la morte”.
Amore e fede vivono della stessa natura e puntano allo stesso fine; ciò che viene richiesto è l’abbandonarsi per raggiungere più facilmente la certezza che esiste qualcosa e questa non potrà mai essere distrutta né dissolta.
Amo per amare
Citando san Bernardo che ricorda che “quando Dio ama, altro non desidera che essere amato”, Fisichella ricorda che “tutte le diverse forme dell’amore umano esprimono ognuna una via propedeutica che, comunque, deve sfociare nell’amore cristiano; esso permane come ultima e soddisfacente risposta di senso capace di andare oltre il limite della morte”.
Si potrebbe concludere facilmente sostenendo che quando a una persona si dice: “ti amo”, ciò equivale a dirle: “tu non morirai mai”. Il sigillo posto tra i due non ha più possibilità di essere rimosso, permane oltre la morte mostrando il vero volto dell’amore.
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