Premio don Andrea Santoro a p. D'Ambra, testimone del dialogo interreligioso
Eugenio Serra – Città del Vaticano
Il premio in ricordo don Andrea Santoro, ucciso in Turchia nel 2006 e testimone del dialogo tra cristiani e musulmani, è stato conferito dal Centro missionario della diocesi di Roma al missionario Sebastiano D'Ambra. Il riconoscimento viene assegnato a chi nel mondo si è distinto per l’impegno nell’annuncio del Vangelo, nel dialogo e nella promozione umana.
“Don Andrea Santoro è un martire per il dialogo in Turchia. Io non l’ho conosciuto personalmente, però ho sentito parlare molto di lui”, con queste parole apre l’intervista a Vatican News padre Sebastiano D’Ambra, missionario del Pime, fondatore del movimento per il dialogo islamo-cristiano Silsilah e segretario esecutivo della Commissione per il dialogo interreligioso della Conferenza episcopale delle Filippine. Da trent’anni, opera nell’isola filippina di Mindanao, impegnandosi per il dialogo con la locale comunità musulmana.
Padre Sebastiano, che significato ha per lei questo premio intitolato a don Andrea Santoro?
R. – Per me rappresenta la testimonianza che nella Chiesa c’è ancora il martirio, anche nel dialogo interreligioso. È un segno dell’impegno della Chiesa, nonostante le difficoltà, nel portare avanti la sua missione.
In che modo lavorate per promuovere il dialogo con la comunità locale musulmana?
R. - Io sono arrivato nel 1977, più di 40 anni fa, nelle Filippine, con lo spirito del Concilio Vaticano II: quello di costruire un dialogo con tutti. Ad un certo punto, 35 anni fa, ho iniziato questo movimento di dialogo, il “Silsilah Dialogue Movement”, una realtà che ormai è conosciuta qui nelle Filippine ma anche in altre nazioni. Poco alla volta vedo come la gente comincia a capire l’importanza del dialogo. Sono passi lenti, ma alla fine si capisce che vale la pena lavorare su questo cammino. Il dialogo interreligioso va fatto anche a livello spirituale. Nel corso di questi anni abbiamo formato tanti musulmani e cristiani in tale spirito. Adesso seguo il segretario della Conferenza episcopale filippina nella Commissione per il dialogo interreligioso. Stiamo preparando un incontro importante in vista del prossimo anno, che sarà l’anno del dialogo interreligioso nelle Filippine. Tutto questo è in preparazione del 2021, quando nelle Filippine celebreremo e ricorderemo i 500 anni dall’arrivo del cristianesimo.
Qual è il tema che più avvicina e lega realtà in dialogo?
R. - Certamente è un dialogo di vita che facciamo in tutti i modi, attraverso corsi di formazione, solidarietà verso la gente. Cerchiamo di far comprendere la cultura del dialogo basata su quattro pilastri: il dialogo con Dio, con noi stessi, con gli altri e con la creazione. Papa Francesco nei suoi viaggi, al Cairo, ad Abu Dhabi, in Marocco, ha dato una grande spinta in direzione del dialogo. Penso che ognuno di noi, nel posto in cui si trova, deve dare risposte.
In questo contesto di dialogo, la Dichiarazione sulla fratellanza umana che tipo di sollecitazione rappresenta?
R. - Per me è stato un segno provvidenziale. Sono stato contento quando nel documento del Papa sulla fratellanza universale si è parlato in particolare della cultura del dialogo e del cammino da fare. È esattamente ciò che noi diciamo da anni. Mi sono sentito incoraggiato in questo cammino e in questo senso direi che quel documento ha una grossa ripercussione anche qui, dove lo stiamo presentando in diversi modi. Sarà un po’ il centro dell’anno del dialogo interreligioso nelle Filippine.
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