Milano, apre i battenti il nuovo Centro PIME
Chiara Colotti – Città del Vaticano
La nuova sede – in via Monte Rosa 81 – verrà inaugurata in una due giorni di appuntamenti che culminerà domenica con la santa Messa presieduta da monsignor Mario Delpini, arcivescovo di Milano. Un luogo dove poter ascoltare i racconti dei 450 missionari dell’Istituto, presenti in vari Paesi del mondo, ed entrare in contatto con culture diverse.
Il nuovo Centro
Il nuovo polo, che ospita le attività tradizionali del PIME, si estende su una superficie di circa 1.200 metri quadrati. Uno spazio in cui, tra le altre cose, sarà possibile visitare il Museo Popoli e Culture dedicato alla conoscenza delle culture extra-europee; leggere uno dei libri della famosa Biblioteca del PIME con un patrimonio di 43.000 volumi o assistere a concerti e spettacoli. Ai più giovani, inoltre, sono dedicati laboratori attraverso i quali possono scoprire il mondo nelle sue mille sfaccettature.
La missione del PIME a Milano
“Immerso nella frenetica Milano, il polo culturale vuole essere un luogo in cui ci si può prendere del tempo per riflettere, guardare oltre il proprio quotidiano e aprire una finestra sul mondo”, spiega padre Mario Ghezzi, direttore del Centro PIME. Con missionari presenti in 19 Paesi del mondo, il PIME ha sicuramente storie ed esperienze da raccontare da un punto di vista particolare, quello di coloro che hanno fatto di una nazione la propria seconda patria.
Il PIME
Il Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME) è una comunità di sacerdoti e laici che dedicano la propria vita all’annuncio del Vangelo e alla promozione umana presso altri popoli e culture. Nasce nel 1926 quando i seminari dell'Istituto di Roma e Milano si fondono in un'unica realtà sulla base di un’affinità di carisma e di impostazione. Il PIME opera oggi in moltissimi Paesi, dall’Algeria al Bangladesh, dalla Cambogia alla Costa D’Avorio, facendo dell’incontro con altre culture il proprio cuore pulsante. “Un incontro che ha in sé una ricchezza e una bellezza tutta da scoprire”, conclude padre Mario Ghezzi.
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