Vescovi del Nicaragua: “Sogniamo un Paese riconciliato”
Roberta Gisotti – Città del Vaticano
Parole accorate che non vogliono indurre alla disperazione ma alla speranza quelle rivolte dai vescovi nicaraguensi ai fedeli e tutti gli uomini di buona volontà di fronte “al male che ci perseguita”, - scrivono - “dopo quasi un anno e mezzo di sofferenza e dolore, vissuto nella nostra carne”.
La grande sfida della povertà dell’esclusione
Nel messaggio pubblicato ieri in chiusura della Settimana di preghiera per la pace e la giustizia, celebrata in un clima teso e intimidatorio verso i credenti vessati dal regime del presidente Ortega, i vescovi si chiedono “come contribuire alla soluzione di urgenti problemi sociali e politici e rispondere alla grande sfida della povertà e dell'esclusione? Come possiamo farlo – si chiedono - in un Paese che si trova in una profonda crisi politica, sociale ed economica, in cui sembra profilarsi l'inizio di una nuova fase, con le corrispondenti sfide per la nostra convivenza democratica?” “La disuguaglianza economica, la disoccupazione e l’opportunismo – rilevano - sembrano essere un male endemico difficile da correggere, condannando all'ingiusta esclusione e all'invisibilità vari gruppi sociali, come gli immigrati, le donne, i giovani, le persone con capacità diverse, i gruppi etnici”
Come mantenere la speranza il popolo non conta?
“E' possibile - osservano con realismo i vescovi - mantenere la speranza, quando tutto sembra indicare che non esiste un potere in grado di risolvere la nostra crisi? Cosa fare se la parola della società civile non conta? E’ possibile oggi in Nicaragua essere cattolici e lavorare per un governo che non rispetta la coscienza e gioca con la fame del popolo? Come possiamo perdonare tanta crudeltà a cui siamo stati sottoposti? E’ possibile guarire queste ferite?”.
Superare la crisi di sfiducia che compromette il dialogo
La risposta è ‘no’ se non superando la “crisi di sfiducia”, che ha contagiato come “un virus” endemico “tutte le relazioni della nostra vita”. “Questo sì che è riprovevole!”, constatano i presuli. “Se diffidiamo dell'autorità, se diffidiamo delle istituzioni, se diffidiamo delle buone intenzioni e persino della fattibilità dei nostri progetti”. Una diffidenza” che si riflette nella vita familiare, “ci allontana dal prossimo e crea barriere” nella società. Una sfiducia che compromette “il dialogo di cui abbiamo bisogno per risolvere i nostri problemi” e che “viene interrotto, coartato, messo in ombra”, tanto che “diffidiamo persino della sua fattibilità ed efficacia per raggiungere gli accordi necessari”.
Amiamo la nostra patria, lavoriamo per il suo bene
Da qui il monito dei vescovi: “E' impossibile crescere nella sfiducia! E' impossibile educare nella sfiducia! E' impossibile amare con la sfiducia!”. E l’invito pressante a coltivare la fiducia con la ‘cultura dell’incontro’. “Pensiamo al Nicaragua – sollecitano i pastori della Chiesa – e amiamo la nostra patria, che è il più grande bene della vita sociale. Lavorare bene per il Nicaragua – chiariscono – significa occuparsi, da un lato, e utilizzare dall’altro, quell'insieme di istituzioni che strutturano legalmente, civilmente, civilmente, politicamente e culturalmente la vita sociale, che si configura così come una nazione. Si ama tanto più efficacemente il prossimo, - ricordano i presuli - quanto più si lavora per il bene del proprio Paese, che risponde anche alle proprie reali esigenze, avendo la saggezza di integrare e comprendere le proprie ferite e i propri disaccordi.” “Certamente in questo modo – dichiarano i vescovi guardando al futuro - potremo inaugurare una democrazia più esigente e qualitativamente più solida”.
Lottare ancora per la propria fede
Rivolti in particolare ai fedeli cristiani che vivono perseguitati, i presuli li esortano “a non smettere di lottare per la propria fede”, partendo dal perdono del male subito” e di condividere le loro attese di speranza.
Sogniamo un Paese giusto, fraterno, solidale
Ricordando il sogno di Martin Luther King, i presuli esprimono il loro, concludendo il Messaggio: “Sogniamo un Paese in cui riscopriamo la gratuità nei nostri rapporti personali e istituzionali; sogniamo un paese in cui le persone sono esattamente al centro delle nostre preoccupazioni e del nostro lavoro; sogniamo di riconoscerci come fratelli, come sorelle, ancora più fraterni con i più deboli, i più vulnerabili e i fratelli disabili; Sogniamo che il Nicaragua sarà veramente un tavolo per tutti, anche per coloro che emigrano alla ricerca di nuovi orizzonti per la loro vita in questa casa; sogniamo un Paese senza discriminazioni di alcun tipo; sogniamo un Paese con la mano tesa e il volto aperto; sogniamo un Paese giusto, fraterno e solidale. Sogniamo un Paese riconciliato! Sogniamo un Paese pieno di speranza!”.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui