Becciu: P. Cremonesi e il dono di morire per la fede
Roberta Barbi – Città del Vaticano
“Voi capite che per un missionario come me, che ha inteso darsi tutto a Dio senza ritorno, il mettere avanti la sola ragione di rivedere voi… non può andare affatto…”. Sceglie queste parole, contenute in una lettera che padre Alfredo Cremonesi scrisse alla mamma, il cardinale Angelo Becciu per descrivere “l’esemplarità di una donazione senza riserve nei confronti della chiamata di Dio” di questo piccolo sacerdote malaticcio, che oggi sale tra i grandi del Cielo per “aver offerto il proprio contributo, fino all’effusione del sangue, perché la Buona Novella giungesse nella lontana terra di Birmania”.
Un esempio per la Giornata Missionaria Mondiale
Il porporato sottolinea come non possa esserci coincidenza più felice della Beatificazione di questo martire missionario con la vigilia della Giornata Missionaria Mondiale – mentre stiamo già vivendo il mese missionario straordinario - il cui tema quest’anno è: “Battezzati e inviati”. “Ogni battezzato è chiamato a ravvivare la propria coscienza missionaria – afferma – e deve sentirsi, inoltre, sollecitato dalla propria vocazione alla santità”, di cui p. Cremonesi è ottimo esempio di “testimonianza al Vangelo della carità”. Una carità verso il prossimo che deve essere “ispirata alla carità di Cristo” per avere valore, e incarnare “l’ideale perfetto del Buon Pastore che dà la vita per il gregge”. Espressione, dunque, di misericordia e mitezza, ma anche “un leone vincitore, valoroso combattente per la causa della verità e della giustizia, difensore dei deboli e dei poveri, trionfatore sul male del peccato e della morte”.
Fede, carità e povertà: una ricetta per la santità
Sono queste le tre caratteristiche fondamentali della santità martire di p. Cremonesi che il Prefetto evidenza nel corso dell’omelia e che emergono soprattutto dai suoi scritti: “È un missionario profondamente convinto e innamorato della sua vocazione – ricorda – povero, malato, perseguitato, ma sempre sereno e fiducioso, pronto ad affrontare qualunque situazione a rischio”. Un sacerdote che si metteva al pari degli altri e che non solo non ha esitato nel momento in cui il Signore gli ha chiesto di dare la vita per la fede e per coloro che gli erano affidati, ma per il quale il martirio era una vera e propria aspirazione, “un dono concesso solo ad alcuni, mentre la fede è una chiamata diretta a tutti”.
La Birmania di allora e il Myanmar di oggi
La dedizione al servizio pastorale e missionario, fino al martirio, di p. Cremonesi, va inscritta nel contesto socio-politico in cui viveva la Birmania del secondo dopoguerra. “Con lo scoppio della guerra civile all’indomani dell’indipendenza del 1948 – spiega ancora il cardinale Becciu – la situazione della Chiesa precipitò in una vera persecuzione, con un’esplosione di violenza e aperta ostilità nei confronti della fede cattolica e dei missionari”. Inevitabile, dunque, il martirio di sangue, ma è un sacrificio che non è stato vano: “La morte del martire si fa vita e arricchimento spirituale per la Chiesa – aggiunge – e in questa prospettiva, oggi, la Beatificazione di p. Cremonesi è un incoraggiamento alla Chiesa del Myanmar a proseguire nell’impegno di favorire il superamento delle ferite spirituali e morali”, oltre ad essere “uno stimolo per i giovani a riflettere sulla bellezza della vocazione missionaria”. Risuonano, dunque, nei nostri cuori, le parole di Papa Francesco nell’incontro con le autorità durante il viaggio apostolico in Myanmar, il 28 novembre 2017: “Nel grande lavoro della riconciliazione e integrazione nazionale, le comunità religiose del Myanmar hanno un ruolo privilegiato da svolgere. Le differenze religiose non devono essere fonte di divisione e diffidenza, ma una forza per l’unità, per il perdono, per la tolleranza e la saggia costruzione del Paese”.
Una preghiera per padre Macalli
A conclusione dell’omelia, nel ricordare come il futuro delle comunità non è di chi diffonde odio, ma di chi semina fraternità, il cardinale Becciu ha voluto pregare il nuovo Beato per tutti noi e per padre Maccalli, affinché “riacquisti presto la libertà”. P. Luigi Maccalli è un sacerdote della Società per le Missioni Africane rapito in Niger il 17 settembre 2018.
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