Chiara Lubich, chiusa la prima fase della causa di beatificazione
Adriana Masotti - Città del Vaticano
Una giornata importante, quella di oggi, per il Movimento dei Focolari e per la Chiesa universale. Alle 16.30 di questo pomeriggio, nella cattedrale di San Pietro Apostolo a Frascati, Roma, si svolgerà la cerimonia di chiusura della fase diocesana della causa di beatificazione e canonizzazione della Serva di Dio Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari. La cerimonia sarà presieduta da monsignor Raffaello Martinelli, vescovo di Frascati, la diocesi in cui si è svolta la prima fase del processo. E' infatti a Rocca di Papa che Chiara Lubich è morta il 14 marzo 2008. Alla cerimonia ci sarà Maria Voce, presidente dei Focolari, e tanti uomini e donne in rappresentanza del "popolo di Chiara" affolleranno la chiesa per condividere la gioia dell'evento.
Chi è Chiara Lubich
Nata a Trento il 22 gennaio 1920, battezzata con il nome di Silvia, la Lubich scelse il nome di Chiara nel momento della sua consacrazione a Dio il 7 dicembre del 1943, ispirandosi a Chiara di Assisi di cui ammirava la radicalità. Poco dopo quel primo atto di unione con Dio, compiuto in solitudine, decisero di seguire la sua strada alcune ragazze del posto e poi alcuni ragazzi. Ben presto a Trento sorse una comunità di circa 500 persone che, in mezzo agli orrori della seconda guerra mondiale, si impegnarono a vivere il comandamento dell'amore scambievole portato da Gesù, in risposta all'amore di un Dio sentito e creduto Padre di tutti. Un amore reciproco che provoca la presenza di Gesù in mezzo ai suoi, secondo la sua promessa.
La preghiera di Gesù: che tutti siano una cosa sola
Leggendo il Vangelo in un rifugio durante un bombardamento con alcune compagne, Chiara trova una pagina in cui vede una particolare chiamata del Signore. La pagina conteneva la preghiera di Gesù al Padre:"Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola". Insieme decisero che per quella preghiera sarebbero vissute. E' infatti l'unità, il cuore del carisma che più tardi la Chiesa riconobbe alla Lubich, approvando dopo un profondo studio, gli Statuti dell'Opera che intanto era nata e si era diffusa un po' alla volta in tutti i continenti.
Chiara Lubich, la donna del dialogo
L'aspirazione all'unità, alla fratellanza universale, fa dunque da sfondo ad ogni iniziativa. Da qui gli innumerevoli dialoghi intessuti negli anni da Chiara Lubich e dal Movimento con le altre realtà ecclesiali della Chiesa cattolica, con le altre Chiese e Confessioni cristiane, con i membri delle altre religioni: musulmani, buddisti, indù, sick ecc... Ma anche il progetto dell'Economia di Comunione o tante opere a carattere sociale. In molte occasioni la Lubich ricevette premi, prestigiosi riconoscimenti, fu insignita della Laurea honoris causa in diverse discipline, ma chi è stata Chiara nel privato, quale il suo rapporto con Dio? E quali gli elementi di santità riscontrati in questa prima fase del processo di beatificazione e canonizzazione nei suoi confronti? Risponde ai nostri microfoni Jesús Morán, sacerdote e filosofo spagnolo, che affianca Maria Voce nella presidenza del Movimento dei Focolari:
Jesus Moran, all'apertura della causa di beatificazione, Maria Voce aveva detto che tutto il Movimento avrebbe dovuto camminare ancora più intensamente sulla via della santità. E' stato così? E che cosa rappresenta per il Movimento la giornata di oggi?
R. - Effettivamente è stato così, Chiara ci ha invitato già in vita, dagli anni ’80 in modo particolare, a vivere la vita come un santo viaggio, questo santo viaggio consiste fondamentalmente nel vivere la Parola di Dio radicalmente e anche in un impegno collettivo a farci santi insieme, che è proprio la caratteristica tipica della spiritualità dell’unità, che è la spiritualità di Chiara, il dono che lei ha ricevuto dallo Spirito. E allora, effettivamente, la giornata di oggi per noi non rappresenta un atto commemorativo perché non è che siamo interessati in modo particolare al prestigio del Movimento, al prestigio di Chiara, ma piuttosto è un incentivo a vivere più radicalmente questa spiritualità collettiva e questa santità collettiva che Chiara desiderava e che si basa sulla vita della Parola e soprattutto nel generare con l’amore reciproco la presenza del Santo in mezzo a noi, che è Gesù, Gesù stesso: è Lui che ci fa santi, non tanto i nostri meriti o quello che noi possiamo fare.
Guardando alla persona di Chiara, quali elementi di santità sono ravvisabili e sono emersi durante questa prima fase di studio?
R. - Io credo che tutta la vita di Chiara sia stata un impegno di donazione radicale a Dio e di donazione radicale al fratello; tutto quello che è nato in quella che è l’Opera di Maria ha questo segno ed è frutto dell’amore a Dio e dell’amore al fratello e questo evidentemente è un impegno costante, che non ha interruzioni perché non si tratta solo dell’unione con Dio personale, che in Chiara era molto forte, ma nell’attenzione a tutto quello che può essere la carità. E tutto quello che è nato nel Movimento, tutte le opere sempre sono state frutto di questa attenzione a Gesù che è nel fratello. Quello che abbiamo visto in Chiara è che in lei questa carità concreta è stata una costante, ed è quello che anche quelli che hanno studiato Chiara in questa prima fase, i periti teologi e anche la commissione storica, hanno visto in tutta la sua vita.
Chiara Lubich appariva sempre sorridente, sempre luminosa, ma nella sua vita ha avuto dei momenti di difficoltà, anche spirituali, interiori?
R. - Senza dubbio. Diciamo che non si può capire la santità di Chiara senza un particolare rapporto con quello che lei ha scoperto nel mistero di Gesù crocifisso, che è il momento dell’abbandono. Questo è essenziale per capire la santità di Chiara e la santità collettiva perché è proprio questo abbraccio a Gesù Abbandonato radicale che permette questa estasi costante non solo verso l’Altro, con la A maiuscola, ma anche verso l’altro. Bisogna distinguere in Chiara due aspetti di questa notte di cui hanno parlato sempre i santi. Le notti personali che lei ha vissuto, nella sospensione, per esempio, in attesa di essere approvata dalla Chiesa negli anni ’50, o altre notti personali, di ogni tipo, che sono il mistero del rapporto di ogni carismatico con Dio, ma anche quello che lei chiama la "notte di Dio", che vuol dire il perdere Dio in noi stessi per avvicinarsi al Dio nell’altro, al Dio tra di noi. In questo senso potremmo dire che in Chiara ogni momento di luce ha avuto un costo e questo è precisamente uno degli aspetti che è venuto alla luce in questa prima fase del processo diocesano.
Ora avrà inizio la seconda fase della causa, tutto sarà affidato alla Congregazione delle Cause dei Santi e quindi inizia un altro momento di attesa per il Movimento...
R. – Sì, però io vorrei insistere su questo. Noi non è che siamo in attesa che Chiara sia proclamata santa perché così il Movimento acquista un prestigio maggiore, a noi quello che interessa davvero è che la luce che abbiamo ricevuto da Chiara acquisti una universalità maggiore, nel senso che quella stessa luce possa essere maggiormente conosciuta e possa illuminare tantissime altre persone. Noi, infatti, sappiamo benissimo che con l’inizio della seconda fase, la fase vaticana, noi cominciamo a perdere Chiara nel senso che più Chiara viene riconosciuta nella sua santità, più non ci appartiene, perchè appartiene alla Chiesa, appartiene all’umanità, appartiene a Dio.
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