Martinez (RnS): è evangelizzando che umanizziamo
Emanuela Campanile - Città del Vaticano
Le parole di Papa Francesco “Evangelizzare è amare” hanno fatto da sfondo alle quattro giornate della 43ma Conferenza Nazionale Animatori del Rinnovamento nello Spirito Santo. L'appuntamento, che si chiude oggi al Palacongressi di Rimini, ha affrontato tematiche e sfide che interpellano con urgenza i cristiani di oggi. Indicativa, quindi, la scelta del versetto evangelico:“Tutti sapranno che siete miei discepoli se avrete amore gli uni per gli altri”, come titolo del simposio. Fitto il programma offerto agli oltre 4.000 partecipanti in rappresentanza dei 1.700 Gruppi e Comunità presenti in Italia. Durante gli incontri si sono alternati esperti relatori come la biblista Rosanna Virgili; il giurista e Presidente di Scienza&Vita, Alberto Gambino; ma anche il teologo don Vito Impellizzeri; padre Francesco Occhetta; Tonino Cantelmi, presidente dell’Associazione italiana psicologi e psichiatri cattolici, e molti altri. Un unico filo rosso tra gli interventi, come spiega nell'intervista, Salvatore Martinez, presidente del Rinnovamento nello Spirito:
R.- Emerge chiaramente che se la crisi è spirituale, la risposta deve essere spirituale. Quando parliamo di amore di Dio c’è da chiedersi quanto sia intelligente, rispetto al nostro tempo, essere segno di contraddizione davanti alle grandi povertà che impongono misericordia, un amore risolutivo che cerca e trova soluzioni, e come questo amore possa promuovere giustizia perché c’è anche una giustizia che viene dallo Spirito e non viene dalla legge, dai legalismi, dalla morale corrente e neanche, direi, dalla debolezza che in molti casi si registra quanto a identità cristiana. Quindi, interrogarsi intorno all’amore - “Tutti sapranno che siete mie discepoli se avrete amore gli uni per gli altri” dice il Vangelo - oggi non è un tema scontato da approcciare con categorie superate. Amoris laetitia, per esempio, applicato alla famiglia ci dice che questa gioia dell’amore nelle case diventa talvolta una grande sfida per la teologia, per la pastorale, per la vita stessa delle comunità. Quindi, mi pare di poter dire che nel segno dello Spirito, dell’apertura allo Spirito, a quella Sapienza che non è insegnata dagli uomini, a quella correzione della Grazia, che non si compiace della giustificazione che viene dalla legge, è ancora una volta il metodo carismatico, il metodo di sempre, che ha alimentato l’evangelizzazione delle prime comunità cristiane. Dunque, davanti alle grandi sfide del nostro tempo e alle capacità di cui il Rinnovamento oggi è dotato - sto pensando alla ministerialità, alla missionarietà - i 4000 animatori e responsabili convenuti qui in conferenza, ritornano nelle loro case con la convinzione che realmente l’amore diventa il più grande servizio che noi possiamo dare alla storia. Ad una condizione, però: che sia l’amore che discende dal vangelo. Pertanto, si è ribadito in modo molto chiaro, che è evangelizzando che noi umanizziamo. Molti ritengono che sia sufficiente umanizzare la storia per evangelizzarla ma il rischio è che La Buona Notizia, il Vangelo, non sia quella di Gesù e, dunque, l’esperienza di Gesù.
Quanto il contesto storico attuale, così diverso da quelli precedenti, incide sulle sfide da affrontare?
R.- Mi pare ci siano tre capisaldi intorno ai quali si riafferma l’esperienza e la missione del Rinnovamento nello Spirito, anche come effetto del lavoro svolto in questi ultimi anni, per cui la Conferenza segna anche l’inizio di un nuovo quadriennio di servizio dei nostri animatori responsabili. Sono tre parole chiave: comunità carismi e missione. Comunità perché c’è un grande bisogno di comunità, dunque di fraternità. Le solitudini che si riscontrano, nelle famiglie, nella vita sociale e che indeboliscono l’uomo, devono essere assunte e risolte dentro una nuova esperienza di vita comunitaria. Ed è dentro tale esperienza comunitaria che lo Spirito provvede mediante i carismi che sono provvidenza dello Spirito Santo, le risorse, i mezzi attraverso i quali poi, una comunità vive, si arricchisce e dunque sperimenta questo amore di Dio. Tutto questo diventa preludio e trampolino di lancio della missione, una missione che, ribadisco, va pensata guardando a questo nostro tempo e che noi poniamo sotto l’egida di una espressione che ci fu consegnata da San Giovanni Paolo II, 17 anni fa: “Cultura della Pentecoste”. Dunque, bisogna ripensare una cultura adeguata al nostro tempo ma che sia fecondata da questo principio spirituale. Allora si comprende perché la crisi morale, la crisi antropologica, sociale, politico-economica sono tutte figlie della madre di tutte le crisi che è, appunto, quella spirituale.
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