È Beato Fratel James Miller, martire dell’educazione
Roberta Barbi – Città del Vaticano
Ci sono molte cause per le quali si può morire e i martiri, in qualche modo, sono dei privilegiati: pronti all’estremo sacrificio, danno la vita per quanto hanno di più prezioso, la fede nel Signore. Fratel James Miller, ucciso dagli squadroni della morte in Guatemala nel 1982, aveva un motivo in più: i suoi ragazzi, quelli più poveri a cui insegnava ogni giorno e quelli con più difficoltà a cui dava ripetizioni fino alla sera, nel collegio per indigeni che i lasalliani hanno a Huehuetenango. Un testimone ed esempio per ogni educatore, come sottolinea il card. Lacunza: “Il buon educatore cattolico è come un seme che prima o poi porta frutto – dice di Fr. James – un buon educatore cattolico pone le basi di una personalità solida e di una fede vissuta con coraggio e determinazione e insegna ai giovani a ragionare con la propria testa e a prendere decisioni coerenti con la propria fede, come ha fatto questo fratello martire, restando accanto ai suoi ragazzi fino alla fine”.
L’infanzia tra i Grandi Laghi
Nonostante si trovi così bene in Centroamerica, con quella natura incredibile, James non è originario di qui: viene da un piccolo villaggio nei pressi di Stevens Point, nella regione del Grandi Laghi dove suo padre, che è un produttore caseario, ha una fattoria. Qui James, assieme ai suoi fratelli, trascorre anni felici, imparando ad amare la vita all’aria aperta e a svolgere tanti piccoli lavoretti di manutenzione che gli serviranno anche nella sua vita da consacrato: “Era un uomo molto attivo – racconta Fr. Rodolfo Meoli, postulatore della causa di Beatificazione – diceva che ogni lavoro è dignitoso se fatto con amore e spesso, dopo una giornata passata in classe, si dedicava alle riparazioni nella struttura, a volte veniva anche rimproverato per questo dai superiori, perché per noi lasalliani la scuola deve essere al primo posto. Ma Fr. James non trascurava mai l’insegnamento, piuttosto univa alla teoria del sapere la pratica del fare”.
James diventa “Leo William”
James incontra i Fratelli delle Scuole Cristiane nel 1955, quando viene iscritto alla loro scuola di Steven Point dedicata a Pio XII che pochi anni prima aveva proclamato Santo il fondatore Giovanni Battista de La Salle. Qui scopre la sua vocazione e così nel 1962 intraprende il noviziato: secondo un uso dell’epoca – abolito per ragioni pratiche nel 1965 – deve spogliarsi di tutta la sua vita precedente, nome compreso, e così viene ribattezzato Leo William. Ai voti religiosi aggiunge i due voti caratteristici dei Fratelli: l’insegnamento gratuito ai poveri e la fedeltà all’istituto, quindi è pronto per il suo primo incarico, che arriverà presto. Nel 1969 deve sostituire un fratello malato e inizia a insegnare; i suoi allievi lo amano fin dal primo momento perché quell’uomo robusto, altissimo, sempre sorridente, oltre che con le parole li conquista con l’esempio: sceso dalla cattedra alla fine dell’ora, infatti, non si risparmia per i lavori più umili, come spazzare il pavimento o pulire i servizi igienici.
“Hermano Santiago” in missione
Il primo insediamento della Congregazione in Centroamerica risale all’inizio del secolo e si trova in Nicaragua. Proprio qui, a Bluesfield, Fr. James viene mandato nel 1969 e viene accolto come “Hermano Santiago”. Sono anni in cui si faranno passi da gigante nel campo della formazione scolastica dei bisognosi, arrivando a conferire diplomi superiori bilingue. Fr. James è anche artefice di una sperimentazione di grande successo, che chiama “missione condivisa”: cioè la piena integrazione dei colleghi laici accanto ai Fratelli consacrati, nel campo dell’educazione a ogni livello. La situazione in Nicaragua, però, si fa difficile: i moti sandinisti che attraversano l’America centrale costringono il presidente Somoza a fuggire. Fr. James non nasconde la propria posizione: auspica che ci sia una transizione pacifica del potere, ma ciò non è ben visto dai rivoluzionari che iniziano a vedere quei missionari cattolici come un nemico. Fr. James allora si allontana e trascorre un anno nella fattoria dei suoi genitori negli Stati Uniti, ma con la mente, con il sogno, è sempre lì: in Centroamerica, tra gli indigeni.
Il Guatemala di quegli anni
In Guatemala inizialmente la situazione politica sembra migliore, così Fr. James, che da tempo insiste con i suoi superiori per tornare in missione, nel 1981 viene destinato al Collegio indigeno di Huehuetenango. “Erano anni turbolenti per il Paese – ricorda ancora Fr. Meoli – c’era una sorta di persecuzione silenziosa le cui vittime erano per lo più religiosi cattolici, colpevoli di difendere i poveri. Ad esempio, nel collegio indigeno di Fr. James studiavano molti giovani Maya le cui famiglie avevano delle proprietà terriere sulle montagne che venivano espropriate dai latifondisti in accordo col governo”. Questi Fratelli, quindi, sono personaggi scomodi, e iniziano a diventare oggetto di minacce, dapprima confuse, poi sempre più precise, ma il problema è che nessuno sa dove e quando colpiranno gli “squadroni della morte” appoggiati dall’esercito. Nessuno li ha neanche mai visti. E così, nonostante il pericolo concreto, Fr. James decide di non cedere: stavolta non lascerà il suo incarico dandola vinta a chi semina morte, stavolta resterà al suo posto.
L’ultima lezione di Fr. James: il martirio
È il 13 febbraio 1982, di pomeriggio. Come sempre, Fr. James dopo aver terminato le lezioni in classe, si dedica a quello che di pratico nel collegio c’è da fare. Quel giorno decide di sistemare un lampione sulla facciata, perché l’indomani i ragazzi avrebbero festeggiato con un ballo in maschera. Sale sulla scala, si mette al lavoro, e i suoi assassini lo colpiscono proprio lì, mentre lavora, dileguandosi poi in pochi secondi. Quel giovane fratello inviato da poco più di un anno, era un affronto: loro minacciano di ucciderli tutti e la Congregazione ne manda uno nuovo? Ma non hanno fatto i conti con il carisma lasalliano, e neanche con la grandezza dei martiri. “I martiri continuano a parlare anche dopo la morte, anzi, soprattutto dopo la morte – conclude Fr. Meoli – in particolare Fr. James parla ancora oggi ai giovani, invitandoli ad ascoltare la propria voce interiore, la voce di Dio, troppo spesso soffocata dalle mille voci che abbiamo intorno. È un esempio della necessità di ‘scollegarsi’ dai tanti apparecchi che ci accompagnano nel quotidiano e ‘ricollegarsi’ con il bene e con la chiamata che il Signore riserva a ognuno di noi”.
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