I vescovi del Congo: un onore sentire parlare il Papa nella nostra lingua
Antonella Palermo - Città del Vaticano
Entusiasmo e commozione nella Comunità cattolica congolese dopo la Santa Messa celebrata ieri da Papa Francesco in rito zairese nella basilica. Nell'omelia il Pontefice ha pregato per la pace nella Repubblica Democratica del Congo, denunciando il commercio delle armi e uno stile di vita consumistico in cui in nome del profitto non si esita a mettere gli uomini gli uni contro gli altri.
Il ringraziamento della Comunità congolese a Papa Francesco
Nel paese africano, infatti, in meno di 20 anni - come ha denunciato la religiosa suor Rita Mboshu Kongo nel ringraziamento al Santo Padre al termine della celebrazione - la guerra ha compiuto un vero e proprio genocidio, “nel silenzio totale a livello globale”. A rappresentare i vescovi del Congo in Vaticano c'era anche monsignor Donatien Nshole, segretario della Conferenza episcopale della Repubblica Democratica del Congo. “Mi sono commosso nel sentire il Papa salutarci nella nostra lingua", ha affermato ai nostri microfoni.
[ Audio Embed Ascolta l'intervista integrale a padre Donatien Nshole]
"Per la prima volta il rito congolese è stato usato nella Basilica con il Papa", ha aggiunto, "la sua omelia mi ha colpito molto, in modo particolare quando ha fatto accenno alla Beata suor Anuarite Nengapeta e alla situazione di guerra che ci sta veramente facendo male, nell’est del Paese. Veramente sentiamo una gioia, è un onore per la nostra Conferenza episcopale. Continuiamo a pregare per questo bravissimo Papa”.
L’appello dei vescovi per la pace in Congo
Il presule ha sottolineato poi il lavoro costante della Commissione Giustizia e Pace che nel Paese africano si occupa di verificare le informazioni sulle situazioni di conflitto. “Come vescovi, di solito ricorriamo ci occupiamo di mediazione nei conflitti – spiega - e di advocacy, perché tanti Stati esteri sono responsabili e hanno molto da fare per portare la pace”. “Bisogna aiutare il Congo”, scandisce monsignor Nshole, ricordando che è “un Paese ricchissimo". "Viviamo in un contesto globale", ribadisce, e "tutti quanti possono venire, lavorare con noi, senza fare la guerra, per portarci del benessere, perché ora c’è miseria".
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui