Costa Rica: inaccettabile per i vescovi la depenalizzazione dell’aborto
Isabella Piro - Città del Vaticano
Tutelare due vite, quella della madre e quella del bimbo che porta in grembo: è l’esortazione del vescovo di Ciudad Quesada, in Costa Rica, monsignor José Manuel Garita Herrera, intervenuto in questi giorni sul dibattito relativo all’aborto che sta infiammando il Paese. L’interruzione volontaria di gravidanza è stata, infatti, depenalizzata nel Paese nel 1970, con l’articolo 121 del Codice penale, il quale stabilisce che "un aborto praticato con il consenso della donna da un medico, o da un ostetrico autorizzato se l'intervento del medico non è stato possibile, non è perseguibile se è stato fatto allo scopo di evitare un pericolo per la vita o la salute della madre”. Tuttavia, in assenza di un decreto attuativo, l’applicazione di tale normativa non è possibile nella sua interezza. Per questo, lo Stato ha avviato la stesura di un regolamento tecnico, attualmente al vaglio del Fondo di previdenza sociale nazionale che dovrà approvarlo o meno. In caso affermativo, il Capo dello Stato Carlos Alvarado dovrà controfirmarlo.
Qualunque normativa al vaglio “non ignori l’essere umano”
È in questo contesto, dunque, che si inserisce l’appello di monsignor Garita il quale ribadisce: “Ogni aborto provoca la morte di un essere umano”. E nei casi in cui sia a rischio la vita della madre, il presule esorta “gli specialisti medici a tentare sempre di salvare entrambe le vite”. Il Costa Rica, ricorda il vescovo di Ciudad Quesada, è “consacrato alla difesa della vita nella sua Costituzione” e quindi “qualsiasi apertura si voglia fare in favore dell’aborto è inaccettabile”. Auspicando, infine, che qualunque normativa al vaglio “non ignori l’essere umano concepito nel grembo materno”, Monsignor Garita esorta “tutte le persone coinvolte nella questione a cercare sempre il bene di entrambe le vite”.
Sostegno della Chiesa alla Campagna nazionale “40 giorni per la vita”
L’appello del vescovo di Ciudad Quesada si aggiunge a quelli già lanciati in precedenza dalla Conferenza episcopale locale (Cecor): nel mese di ottobre, ad esempio, la Cecor aveva espresso il suo sostegno alla campagna nazionale “40 giorni per la vita”, iniziativa promossa da diversi movimenti pro-life cristiani, uniti in preghiera contro la legalizzazione dell’aborto nella nazione. I vescovi avevano invitato i fedeli ad aderire all’evento, così da diventare “veri promotori della cultura della vita nel Paese, assediato da ideologie straniere che minacciano la dignità della vita umana”.
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