Dall’Iraq all’Italia, i messaggi di speranza del Natale
Salvatore Tropea – Città del Vaticano
Vegliare nel buio “nella notte dell’ingiustizia, della violenza, dell’assenza di pace”, per portare un dono di speranza. Con queste parole monsignor Santo Marcianò, ordinario militare italiano, al contingente presente a Erbil, in Iraq, durante la Messa della Notte di Natale. Messaggi di pace che accomunano le celebrazioni in tutto il mondo, come quelle di Milano e Torino, presiedute dagli arcivescovi Mario Delpini e Cesare Nosiglia e del Patriarca di Venezia Francesco Moraglia.
Il dono prezioso di celebrale il Natale
“La guerra – ha sottolineato l’ordinario militare in Iraq – è ovunque ci sia un rifiuto, ovunque un uomo sia rifiutato tra le case degli uomini” e ha poi evidenziato come in un tempo in cui “la Chiesa irachena non celebrerà neppure la Messa di Natale”, poter celebrare la Vigilia diventa per il contingente italiano “un dono ancora più prezioso”. Monsignor Marcianò ha inoltre ricordato “i caduti nelle missioni internazionali che hanno offerto la vita” come anche hanno fatto “i militari feriti qui in Iraq nel novembre scorso”. Un contributo, quello dato dai militari in missione per la Pace, che li pone “lontani dal calore delle case e delle famiglie, ma stanotte – ha ribadito Marcianò – qui noi siamo famiglia, siamo Chiesa che prega in comunione di fede sulle rovine e le vittime delle persecuzioni”.
Marcianò: Il Vangelo contro la disumanizzazione
“È necessario – ha proseguito monsignor Marcianò – uno sguardo universale per entrare nel Natale. Per superare particolarismi personali, sociali, politici, come pure pacifismi sterili e polemici, che finiscono per generare indifferenza”. Il messaggio che arriva dal Bambino che nasce si pone dunque come la “logica di Dio, narrata dal Vangelo” da cui “tutti dovremmo imparare, soprattutto i capi delle Nazioni”, ovvero, che “sono i piccoli a reggere le sorti del mondo, a salvarlo dalla disumanizzazione, origine di ogni violenza, discriminazione, guerra”.
Delpini: Lasciarsi convocare per essere popolo di pace
“Abbiamo bisogno di un pensiero audace, che non si perde in artificiose e presuntuose astrazioni, ma che trova nomi per condividere lo stupore”, sono state invece le parole di monsignor Mario Delpini, che ha presieduto la celebrazione della Notte di Natale in Duomo. Lo smarrimento e le incertezze del nostro tempo, ha detto, rivelano che si vive nelle tenebre, “ma non disperate, poiché viene nel mondo la luce”. L’arcivescovo di Milano ha poi spiegato ai fedeli che “nessuno si mette in cammino sui sentieri del Signore come un viandante solitario, nessuno può far festa da solo” ma tutti “abbiamo bisogno di tempo e della storia e di lasciarci convocare per essere il popolo della pace”. Un tempo, quello di Natale, che secondo Delpini va vissuto “come occasione per decidersi: scegliere di essere amorevoli, invece che egoisti; decidersi a servire, invece che pretendere di essere serviti”.
Nosiglia: La persona è il dono più prezioso
Una Messa dedicata soprattutto ai lavoratori e a chi sta rischiando di perdere il lavoro è stata celebrata da monsignor Cesare Nosiglia davanti alla ex Embraco di Riva di Chieri, in provincia di Torino. “Viviamo in un mondo in ansia – ha affermato l’arcivescovo – dove predominano la paura, il timore di ciò che potrebbe accadere, l’insicurezza del domani per tanti giovani e famiglie con il problema del lavoro, della casa e della povertà”. Il dono che Dio ci fa con il Natale “non è un insieme di cose, anche preziose o di regali spesso inutili”, ma “è la persona, ogni persona che ci vive accanto è il dono più bello e più grande; e noi lo possiamo essere per lui o per lei”. Monsignor Nosiglia ha poi sottolineato “la centralità della persona, rispetto ad ogni altro valore”, soprattutto rispetto agli investimenti finanziari ed economici, che non devono far perdere di vista che “il capitale più prezioso di un’impresa, da salvaguardare e accrescere, è ogni persona che lavora e che trova nel lavoro la propria dignità”.
Moraglia: Farsi illuminare dal Natale
"Senza la luce del Natale non riusciamo ad avere uno sguardo vero e misericordioso sul mondo". Così monsignor Francesco Moraglia durante l'omelia di questa mattina nella Messa celebrata nella Cattedrale di San Marco. Il Patriarca di Venezia ha citato la storia del Buon Samaritano, come esempio di "chi vede bene. Il Natale - ha proseguito - ci chiede di accogliere il dono della luce gentile di Betlemme che fa vedere in modo 'nuovo' persone e situazioni". La luce della nascita di Cristo, secondo Moraglia, permette dunque di "vedere col cuore, così fede e carità stanno insieme e non sono mai in contrasto fra loro. La vita del cristiano - ha concluso il Patriarca - è un vedere nell'amore e un amare nella verità".
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