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Le terre di persecuzione indicate nel rapporto Acs Le terre di persecuzione indicate nel rapporto Acs 

Pakistan: appello di Acs per Huma, la ragazza cristiana rapita

Aiuto alla Chiesa che Soffre sostiene la battaglia legale dei genitori di Huma, la minorenne cristiana del Pakistan che da oltre due mesi è nelle mani del suo rapitore che l’ha costretta a sposarlo. Oltre 1000 le ragazze che ogni anno in Pakistan subiscono lo stesso calvario. Intervista a Paul Bhatti presidente dell’Alleanza delle minoranze del Pakistan

Marco Guerra – Città del Vaticano

Una lettera aperta a 11 influenti donne italiane affinché si battano per una ragazza cristiana rapita e costretta a sposarsi. Con questa iniziativa la sezione italiana della Fondazione Pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre vuole tenere alta l’attenzione sul caso di Huma Younus, 14enne cristiana di Karachi in Pakistan, rapita il 10 ottobre scorso e in seguito violentata e costretta a convertirsi all’Islam e a sposare il proprio sequestratore, il musulmano Abdul Jabbar.

Tenere alta l’attenzione

“Come ci ha insegnato la vicenda di Asia Bibi, l’eco mediatica e la pressione internazionale hanno il potere di salvare delle vite umane”, ha spiegato il direttore di Acs Italia, Alessandro Monteduro che ha chiesto il sostegno di queste importanti personalità femminili “virtù della loro capacità di incidere sull’opinione pubblica italiana e per le loro battaglie a difesa della dignità della donna”. Le destinatarie della lettera sono: Chiara Amirante, Lucia Annibali, Lucia Annunziata, Elena Bonetti, Giulia Bongiorno, Mara Carfagna, Marta Cartabia, Michelle Hunziker, Giorgia Meloni, Barbara Palombelli e Livia Pomodoro.

La battaglia legale

Aiuto alla Chiesa che Soffre intanto ha già attivato un aiuto concreto facendosi carico delle spese legali sostenute dai genitori della ragazza, i quali, riferisce Acs, pur conoscendo nome e cognome del sequestratore, si sono tuttavia trovati di fronte ad un muro di gomma, esattamente come la quasi totalità dei genitori cristiani e indù le cui figlie affrontano lo stesso calvario di Huma. E come spesso accade in questi casi, il rapitore Jabbar ha minacciato sia i genitori che l’avvocato difensore, Tabassum Yousaf, di accusarli di blasfemia, un’imputazione che in Pakistan può comportare la pena capitale.

Huma è minorenne

Inoltre, la polizia ha più volte cercato di dissuadere i genitori di Huma dal presentare denuncia, dicendo loro che le possibilità di riabbracciare la ragazza erano minime, nonostante avessero fornito i documenti di identità che attestano i 14 anni della figlia, età in cui in Pakistan è illegale sia convertirsi che contrarre matrimonio in assenza del consenso dei tutori legali. Al contempo il rapitore Jabbar ha presentato istanza contro i familiari di Huma, sostenendo che la giovane abbia invece 18 anni.

1000 ragazze rapite ogni anno

La Fondazione Pontificia ricorda che ogni anno nel Paese asiatico sono almeno mille le ragazze, adolescenti o perfino bambine cristiane e indù che vengono rapite, stuprate, costrette a convertirsi all’Islam e a sposare il proprio aguzzino. Per questo motivo “sostenere Huma – si legge nella lettera aperta inviata da ACS - significa aiutare centinaia di adolescenti e perfino bambine che ogni anno sono vittime del medesimo crimine. Significa creare un prezioso precedente giuridico che permetta a centinaia di famiglie di ottenere giustizia e di riportare le proprie figlie a casa”. “Queste famiglie – scrive la Fondazione alle 11 opinion leader – hanno bisogno anche della Vostra voce”.

“Fenomeno cronico dalle molte cause”

“In Pakistan ci stiamo battendo per contrastare questo fenomeno dei matrimoni forzati che spesso e anche frutto di particolari condizioni economiche delle ragazze”, spiega in un’intervista a VaticanNews, Paul Bhatti presidente dell’Alleanza delle minoranze del Pakistan e fratello di Shabaz Bhatti, politico cattolico ucciso dai fondamentalisti nel 2011:

Ascolta l'intervista a Paul Bhatti

R. - Questo fenomeno di conversione forzata, di rapimento è cronico. È molto frequente nella zona di Karachi e riguarda in particolar modo le ragazze indù. Durante il mio mandato di governo abbiamo seguito molti casi e ci sono molti fattori da considerare. Chiaramente c’è una criminalità organizzata, un Paese che ha avuto gravi problemi di terrorismo, estremismo … A volte poi succede anche che la gente – e con gente intendo quelle persone che magari non rapiscono o convertono forzatamente – si innamora di una ragazzina e forzatamente o a volte con il consenso della ragazza, che vuole nascondere questa relazione ai genitori, si sposa e a questo punto purtroppo la legge in Pakistan dice che una donna, una volta sposata deve essere convertita. Allora a quel punto inizia un procedimento legale che è abbastanza complesso.

Ma non c’è la possibilità di tutelare i minori? C’è una legge che tutela i minori?

R. - Sì, c’è una legge. L’anno scorso abbiamo liberato tre ragazze che non erano solo minorenni; c’era anche una ragazza di 21 anni sposata, rapita da un imprenditore che era innamorato di lei. Molte ragazze sono schiave di un determinato sistema, di imprenditori, dopo si convertono o magari vengono rapite. Recentemente abbiamo lanciato un’iniziativa con l’auto della Caritas antoniana; abbiamo creato una scuola di arti e mestieri dove queste donne riceveranno un’istruzione e verranno create opportunità di lavoro. Il bello di questa iniziativa è che è stata portata avanti da imprenditori musulmani. Proprio dieci giorni fa abbiamo inaugurato questo centro alla presenza della Caritas antoniana, di questi imprenditori pakistani e del patriarca di Venezia, proprio per prevenire questo tipo di situazioni e creare opportunità di lavoro.

Ricordiamo infatti che spesso a difendere le ragazze cristiane sono avvocati musulmani. Quindi c’è una parte della comunità che vuole creare un’armonia religiosa in Pakistan, ad esempio riformando la legge sulla blasfemia…

R. - Sì, sicuramente ci sono persone, non solo avvocati ma anche di un certo livello, che si danno da fare. Ad esempio a Lahore dove siamo stati recentemente questo grande nostro amico, l’Imam della moschea, ha condannato questo tipo di cose. Anche la giustizia, se lei ha letto tutta la sentenza di Asia Bibi, i giudici della corte suprema tramite questa sentenza hanno mandato un messaggio di pace, di fede, di amicizia tra i vari popoli. Questo vuol dire che la giustizia, il governo e molti musulmani di buona fede stanno portando avanti una battaglia per l’armonia e contro l’integralismo.

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19 dicembre 2019, 13:18