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Siria. Natale di speranza a Damasco tra ricostruzione e povertà

A Damasco gli addobbi di Natale, i presepi e le feste per i bambini delle parrocchie offrono un’atmosfera di gioia ad un popolo provato da nove anni di guerra. Padre Girges racconta delle difficoltà dovute alle sanzioni e illustra le iniziative pastorali

Marco Guerra – Città del Vaticano

A Damasco è il secondo Natale senza violenze e combattimenti, dopo nove anni di guerra, iniziata nel 2011. Ma se la capitale della Siria sembra ormai completamente pacificata, il conflitto prosegue nelle zone del nord-ovest del Paese ancora in mano ai ribelli integralisti, dove è in corso un’offensiva dell’esercito governativo sostenuto dall’aviazione russa.

La scorsa settimana

Gli scontri sono in corso da mercoledì nella zona a est del distretto di Maarrat an Numan, nella regione di Idlib. Diverse fonti locali affermano che le truppe di Damasco hanno conquistato almeno 12 tra villaggi ed altri insediamenti rurali. Gli stessi canali di informazione riferiscono di decine di vittime tra le truppe governative e il bollettino del centro di riconciliazione russo in Siria stima in almeno 200 tra morti e ferite le perdite dei militanti ribelli.

Almeno 50mila sfollati

Il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha denunciato l'arrivo di circa 80mila sfollati siriani in Turchia provenienti dall’area dei combattimenti, secondo i media internazionali sarebbero invece 25mila le persone che hanno attraversato il confine. Il capo di Stato turco ha comunque fatto sapere che il suo Paese non è in grado di reggere un’altra ondata migratoria. Sempre Erdogan ha annunciato che oggi una delegazione turca farà visita a Mosca per tenere dei colloqui sulla situazione in Siria e che Ankara valuterà i prossimi passi sulla base dei risultati di questo incontro.

Missili

Infine, torna a salire la tensione con Israele, dopo che l’agenzia governativa Sana ha reso noto che i sistemi di difesa antiaerea siriani hanno intercettato 23 missili diretti contro la provincia di Damasco ''provenienti dai territori occupati''. Al momento non si registrano commenti da parte delle autorità israeliane.

Padre Girgis: serve ricostruire la persona

Tuttavia, malgrado le violenze nel nord e le sanzioni internazionali, la Chiesa siriana sta seguendo sul piano pastorale e sociale la preparazione al Natale di tutti i fedeli, coinvolgendo anche le comunità delle altre confessioni religiose. Per sapere come la Chiesa di Damasco sta vivendo queste giornate, Vatican News ha intervistato Padre Girgis, superiore del memoriale della Conversione di San Paolo a Damasco:

Ascolta l'intervista a padre Girgis

R. - Come ogni anno prepariamo la festa del Natale come facevano prima della crisi della guerra, sotto l’aspetto sociale, pastorale ed ecclesiastico. Riguardo l’aspetto sociale, la gente si prepara al Natale creando un’atmosfera e una realtà di gioia; tutte le strade sono piene di alberi di Natale, luci di festa proprio nelle zone cristiane e anche in quelle non cristiane. Per quanto riguarda l’aspetto ecclesiastico e pastorale in genere iniziamo a fare le confessioni per i nostri ragazzi in preparazione del Natale; organizziamo anche delle feste per loro, in particolare per i bambini, i ragazzi del catechismo e gli scout. A livello ecclesiastico organizzammo un incontro religioso tra il patriarcato greco-ortodosso, con gli altri patriarchi e coloro che saranno presenti. C’è anche la presenza di tutti i vescovi cattolici orientali e ortodossi.

Come francescani, voi sentite molto l’importanza del presepe. Anche in Siria si fa il presepe durante le feste di Natale?

R. - Certo. Il messaggio di Papa Francesco sul presepe è essenziale, è centrale. È certamente un’atmosfera di meditazione. La nostra vita oggi è una grotta piena di speranza. Come francescani nelle nostre chiese non manca la presenza del presepe. Tutte le chiese orientali cattoliche fanno il presepe. Si può trovare anche per strada in alcune zone, all’esterno delle chiese.

C’è la partecipazione anche della comunità mussulmana delle altre fedi religiose della Siria al Natale?

R. - Sì  i musulmani entrano nelle nostre chiese nei giorni di festa per veder cosa stiamo facendo.

Qual è l’auspicio per questo Natale? Lei ha sentito le comunità cristiane nelle zone dove ancora di combatte?

R. - I nostri cristiani, in modo particolare le parrocchie che sono proprio al nord a Kenay e a Yaccouby, vivono il Natale con speranza, nonostante le difficoltà. Il parroco, padre Hanna Jallouf, anche il parroco di Yaccouby, padre Luai, stanno cerando di creare un’atmosfera di gioia all’interno delle loro chiese, dei conventi per far sentire alla gente il senso del Natale. La paura certamente ancora c’è, così come c’è ancora la povertà, però i due parroci francescani stanno certando di creare un’atmosfera di gioia, di fede. Fanno il possibile.

Qual è la situazione sociale in questo momento in cui si sta cercando di ricostruire e di portare alla riconciliazione tutto il Paese?

R. - C’è la povertà, non si trovano le medicine, il costo della vita è alto, manca il gasolio … Tutto questo aggrava la situazione. Se parliamo di ricostruzione è possibile conciliarla con l’attuale presenza delle sanzioni internazionali. Va detto anche però che se vogliamo ricostruire le case prima dobbiamo ricostruire la persona, le anime, farle sentire a casa loro, far sentire loro la nostra vicinanza.

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21 dicembre 2019, 12:00