Caffo: i centri di ascolto Cei per le vittime di abusi attuano la volontà del Papa
Federico Piana – Città del Vaticano
L’annuncio della costituzione in ogni diocesi italiana di un centro di ascolto delle vittime di abusi, fatta dal segretario generale dei vescovi italiani,
monsignor Russo, al termine del Consiglio episcopale, è un passo ulteriore verso la trasparenza della Chiesa. Lo dice il professor Ernesto Caffo, membro della Pontificia commissione per la tutela dei minori e fondatore di Telefono Azzurro. “Si mette in pratica un impegno chiesto dal Santo Padre a tutte le Conferenze episcopali del mondo. Un impegno che prevede anche un raccordo diretto con le istituzioni della società civile di ciascun Paese per costruire modelli d’intervento sia nei confronti delle vittime che dei colpevoli”. Allo studio della Conferenza episcopale italiana anche le linee guida per la formazione affettiva e sessuale di seminaristi e novizi.
Professor Caffo, come giudica le iniziative messe in campo dalla Cei?
R. - Il grande tema è quello di costruire risposte. E questa necessità è stata ben colta dalla Conferenza episcopale italiana. E’stato costituito un gruppo di lavoro, guidato da monsignor Lorenzo Ghizzoni, al cui interno operano numerose persone competenti che hanno valorizzato diverse buone pratiche già esistenti nelle nostre diocesi.
I centri saranno luoghi dove le vittime potranno essere ascoltate ed aiutate ma non utilizzati per raccogliere direttamente denunce penali…
R. - La nostra commissione pontificia ha uno sguardo globale su questo tema, che viene affrontato in modo diverso da ogni singola Conferenza episcopale. Penso, ad esempio, alle esperienze australiana, nord americana ed irlandese dove di fatto esiste un obbligo di denuncia imposto dal rapporto con lo Stato. Recentemente, Papa Francesco ha cercato di affrontare la questione dando delle line guida perché la preoccupazione è quella di aiutare le vittime nel modo più efficace. Però anche tra diritto canonico e diritto civile devono essere costruiti dei ponti…
Altrimenti possono crearsi dei ‘mostri giuridici’ come il caso di sacerdoti innocenti condannati dalla giustizia italiana per aver accettato il patteggiamento e assolti dalla giustizia della Chiesa con formula piena…
R. - Sì. In questo senso sono stati fatti degli incontri tra rappresentanti della Conferenza episcopale e la magistratura italiana per identificare le modalità più corrette per un intervento adeguato. E’ un percorso che stiamo costruendo. L’Italia ha una legislazione particolare e poi ci sono i Patti Lateranensi: anche in questo caso bisogna trovare delle risposte adeguate, ce le chiedono le Nazioni Unite.
La Cei sta studiando anche delle linee guida per la formazione affettiva e sessuale di seminaristi e novizi. E’ un passo importante?
R. - La formazione è un tema centrale, non solo per i chierici ma anche per i laici che sono impegnati in attività a rischio. Purtroppo la formazione è stata messa da parte per molto tempo. Ora occorre trovare modelli comuni per esercitare la formazione e prevedere un costante aggiornamento sapendo che la selezione delle persone rimane un obiettivo primario.
E il controllo?
R. - Bisogna evitare qualsiasi copertura. E mettere in pratica interventi immediati, senza aspettare. E’ la trasparenza che il Santo Padre sta sollecitando.
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