India: vescovi siro-malabaresi preoccupati per la nuova legge sulla cittadinanza
Lisa Zengarini - Città del Vaticano
Anche i vescovi siro-malabaresi indiani sono preoccupati per il Citizen Amendment Bill (Cab), la nuova Legge sulla cittadinanza entrata in vigore l’11 gennaio, nonostante le vivaci proteste che hanno accompagnato la sua approvazione lo scorso dicembre. Fortemente voluta dal Partito nazionalista indù al governo, il Bharatiya Janata Party (Bjp), il provvedimento esclude dalla tutela giuridica, garantita invece ai rifugiati buddisti, indù cristiani, giainisti, parsi e sikh, i musulmani perseguitati nei loro Paesi, come ad esempio gli ahmadi del Pakistan e i rohingya del Myanmar.
Il rischio che il carattere laico dello Stato venga annacquato
Da Kochi, in Kerala, dove sono riuniti dal 7 al 15 gennaio per la loro assemblea sinodale, i vescovi di rito siro-malabarese esprimono forti perplessità sul nuovo testo e chiedono al Governo Modi garanzie perché venga preservata la laicità dell’India sancita dalla Costituzione. “I vescovi vogliono che sia fatta chiarezza su alcuni punti dubbi e che il carattere laico dello Stato non venga annacquato”, spiega padre Antony Thalachelloor, segretario della Commissione per i media della Chiesa siro-malabarese. I partecipanti al Sinodo chiedono inoltre la concessione della cittadinanza indiana a tutti i rifugiati senza discriminazioni di matrivce religiosa.
I cristiani chiedono al governo di pensare ai veri problemi del Paese
Una richiesta avanzata nei giorni scorsi anche dall’organizzazione ecumenica All Karnataka United Christian Forum for Human Rights e sostenuta dal presidente della Conferenza episcopale indiana (Cbci), il cardinale Oswald Gracias. Un’altra organizzazione ecumenica, il Movimento delle donne cristiane indiane (Icwm) ha chiesto all’Esecutivo di fare un passo indietro e di pensare invece “ai veri problemi del Paese”.
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