Lasciare entrare Dio nella nostra vita. Il messaggio di Natale del patriarca di Mosca
Giovanni Zavatta – Città del Vaticano
“Il Signore non è nato in un palazzo reale ma in un’umile grotta, nella povertà assoluta. Cosa può esserci di più misero di una stalla, di più umile di una mangiatoia per il bestiame? Tuttavia esiste un luogo peggiore: è il deserto del cuore umano, bruciato dal peccato, alienato da Dio, tiepido, vuoto, schiavo delle passioni”. Nel messaggio di Natale, il patriarca di Mosca, Kirill, ha invitato i fedeli a mettere da parte gli egoismi, le ambizioni personali, ricordando che “siamo in grado di fare della nostra anima un tempio di Dio” e che “il Signore è vicino, ormai alle porte e attende pazientemente che noi lo vediamo con gli occhi della fede, che lo lasciamo entrare nelle nostre vite, ascoltiamo la sua parola, rispondiamo al suo amore, consentendogli di agire in noi”.
Essere come Erode con il cuore pieno di invidia
Il primate della Chiesa ortodossa russa — che assieme ad altre Chiese orientali che seguono il calendario giuliano festeggia il Natale oggi 7 gennaio — si chiede se a volte “non siamo come Erode”, dal cuore amaro e pieno di invidia, che non accetta la verità divina, non si rallegra, che trema non per il timore di Dio ma di codardia: “Riflettiamo se anche noi non siamo come lui nelle nostre azioni, se non mettiamo al primo posto il nostro benessere e comfort, se non abbiamo paura che qualcuno possa essere migliore di noi, più talentuoso, più gentile, se non gli facciamo del male nel tentativo di ferirlo o umiliarlo, di spingerlo giù dal piedistallo in modo da occupare noi il primo posto. E chiediamoci”, insiste Kirill, se “non ci sentiamo noi stessi la fonte della verità anziché il Signore e i suoi comandamenti, se non diventiamo motivo di scandalo per gli altri presentando come verità le nostre opinioni, se non facciamo a pezzi la tunica di Cristo con le nostre azioni ambiziose, se non seminiamo discordia e malcontento tra i nostri fratelli e sorelle nella fede”.
Moltiplicare la carità
Di qui l’esortazione a deporre “tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia” (Ebrei, 12, 1), a elevare “ferventi preghiere per il rafforzamento dell’unità dell’ortodossia e la moltiplicazione della carità, ricordandoci che “la carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1 Corinzi, 13, 4-7). Il Signore, prosegue il testo, “non respinge nessuno, non disprezza nessuno; al contrario, si riveste della nostra natura umana, la rinnova attraverso la sua divina incarnazione, le sue sofferenze sulla croce e la sua resurrezione vivificante, la eleva nel seno della Trinità, la santifica con la sua permanenza alla destra del trono di Dio. Per mezzo del corpo vivificante di Cristo, del suo sangue purissimo versato per ognuno di noi, prendiamo parte al sacramento dell’Eucaristia, ci uniamo al suo corpo e condividiamo lo stesso sangue con il Salvatore e gli uni con gli altri”.
Superare le discordie nella Chiesa
Tuttavia — il patriarca di Mosca nel messaggio non nasconde le tensioni che attraversano il mondo ortodosso — oggi purtroppo constatiamo che onde di discordia scuotono la nave della Chiesa, che una tempesta di dissidi e contraddizioni si scatena contro l’unità dei fedeli ortodossi, che alcuni, ottenebrati dal nemico e tentatore, preferiscono, alla fonte dell’acqua viva, “la fonte irrazionale delle eresie fangose e ributtanti” (Canone della domenica dei santi padri del I Concilio ecumenico). In questo momento difficile, dobbiamo tutti ricordare che il Signore è nato, è stato crocifisso ed è risorto dai morti per ognuno di noi, e che ha fondato sulla terra la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Appartenendo alla Chiesa, siamo chiamati a superare la discordia, le contraddizioni e i conflitti, a far guarire gli scismi, ad aiutare coloro che vivono gli orrori della guerra e soffrono persecuzioni e ingiustizie”. Nei giorni scorsi il patriarca di Gerusalemme, Teofilo III, ha scritto al patriarca ecumenico Bartolomeo e agli altri primati ortodossi invitandoli a un incontro in Giordania a fine febbraio con l’obiettivo di “ristabilire la pace fra le Chiese”, messa in discussione dalla concessione, un anno fa, da parte di Costantinopoli, dell’autocefalia alla Chiesa ortodossa.
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