“La preghiera, la parola, il volto”: alla ricerca del codice comunicativo di Dio
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
La preghiera è il cuore della vita della Comunità di Sant’Egidio, la sua prima “opera”. Sotto lo sguardo di Gesù, raffigurato dall’antica icona russa del Mandylion custodita nella piccola chiesa romana che dà il nome alla Comunità, ai piedi dei mosaici della basilica di Santa Maria in Trastevere, e ovunque si trovi un gruppo della Sant’Egidio, la sera ci si raccoglie attorno al Signore per ascoltare la sua Parola, dalla Bibbia sempre aperta sull’altare, e rivolgersi a lui nella preghiera.
L'uomo e la donna di oggi davanti al "silenzio di Dio"
Non stupisce allora che il fondatore della Comunità, lo storico del cristianesimo Andrea Riccardi, abbia dedicato il suo ultimo libro a “la preghiera, la parola, il volto” (Edizioni San Paolo, 176 pagine). In un mondo dominato da una comunicazione rapida e incalzante, si chiede Riccardi, classe 1950, autore di biografie di San Giovanni Paolo II e di altre personalità, hanno ancora senso la preghiera e la lettura della Parola di Dio? Che significa pregare di fronte all'abisso del male e del dolore? Come può l'uomo contemporaneo affrontare il “silenzio di Dio”?
La Bibbia: la nostra scuola di preghiera
Tenendo come punto di riferimento la Bibbia, i Padri della Chiesa e la tradizione iconografica orientale, il fondatore della Sant’Egidio ci accompagna nel tentativo di leggere la Parola di Dio nella storia e di fronte alle domande dei poveri e dei feriti della vita. E nella ricerca della comprensione del “codice comunicativo di Dio”. Riccardi, per certi versi, mette al servizio del lettore anche la sua esperienza di preghiera, lamentando che tra i cristiani questa si è impoverita per l’assenza di familiarità con la Bibbia. Ed esprimendo gratitudine a Papa Francesco per aver istituito la Domenica della Parola di Dio. Iniziamo il colloquio con Andrea Riccardi parlando del rapporto dell’uomo di oggi con la preghiera.
R. - L' uomo contemporaneo, la donna contemporanea, sentono il limite della loro vita presente e cercano, cercano aiuto, hanno bisogno di aiuto, cercano qualcosa al di là. Ho scritto questo libro “La preghiera, la parola, il volto” non per rispondere alle domande dell'uomo e della donna contemporanea sulla preghiera, sarebbe presuntuoso, ma il mio contributo vuol essere quello di accompagnare questa ricerca. Mi ha colpito una donna in un istituto per anziani, gravemente malata, che mi disse: “Io vorrei pregare, ma non so come pregare”. Mi ricordò la richiesta che i discepoli rivolsero a Gesù quando gli dissero: “Signore insegnaci a pregare!”. Oggi chi aiuta la gente a pregare? Tante volte la gente è sola, senza compagnia, nella propria ricerca.
Lei cerca di spiegare che il codice comunicativo di Dio è diverso da quello del mondo di oggi. Qual è questo codice?
R. - Io credo che noi vogliamo piegare tutto al nostro codice, che è un codice egocentrico, un codice che pretende risposte immediate, rapide. Come un messaggino che si manda e subito si deve rispondere, e se non risponde è un segnale di disinteresse. Spesso nella preghiera ci troviamo davanti a quello che sembra “il silenzio di Dio”. Questo silenzio di Dio non si può risolvere facilmente, bisogna sperimentarlo, sembra allontanarci e farci paura. In realtà, forse, è l'espressione, e ciascuno lo deve scoprire, di un altro modo di parlarci, perché Dio non ci lascia senza parole. Pensiamo qui alla Parola di Dio: in fondo i Padri insegnano: “O parla a Dio o ascolta lui che ti parla attraverso la sua Parola”. Io credo che la dimensione della preghiera sia un linguaggio diverso dal linguaggio rapido e prepotente che noi utilizziamo ogni giorno.
Lei scrive ancora che la Parola di Dio aiuta a pregare e “suscita in noi un cuore sensibile”. Ci dia un consiglio per pregare con la Bibbia…
R. - La Bibbia è il grande libro della vita e della preghiera, e non si finisce mai di leggerlo: anche quando si torna su brani noti del Vangelo si trovano anche dei significati diversi. Non è un libro letto per sempre, o un libro che si chiude con la fine della nostra vita. E’ un libro che ci accompagna ogni giorno. Io penso, per esempio, che la Bibbia sia una scuola di preghiera. Guardi i salmi: ci insegnano a pregare, e lì dentro c'è tutta la gamma dei nostri sentimenti, delle nostre domande e di tant'altro. Credo che una preghiera con la Bibbia sia una preghiera accompagnata dalla Parola di Dio e dalla sua presenza. E poi, quello che è importante nella preghiera non sono solo i sentimenti forti, perché un giorno ci sono un altro non ci sono, ma è la fedeltà. Perché con la fedeltà si scava la roccia della Parola di Dio da cui viene dell'acqua buona.
L'ultima parola del titolo, il "volto", è quello di Cristo. Quanto aiuta la preghiera il rivolgere i propri occhi al volto di Gesù?
R. – Penso che sia molto importante, perché noi siamo sempre distratti. Incontriamo uno e pensiamo ad un'altra cosa, o un'altra persona. Ma cosa vuol dire essere distratti? Alla fine vuol dire essere concentrati su noi stessi e questa è la nostra passione ma anche il senso di disagio che abbiamo nella nostra vita. E allora, nella preghiera è importante l'orientamento del cuore. Io in questo libro dico che la preghiera fa rinascere il cuore, perché spesso noi viviamo senza cuore, viviamo induriti, quando passiamo davanti ai poveri e davanti ai bisognosi. Io qui parlo del volto che è l'icona del Mandylion, del volto di Gesù nella Chiesa di Sant'Egidio, ma non è necessariamente questo. E’ l’orientamento verso qualcosa d’altro. Del resto anche il Salmo dice: “Alzo gli occhi”. Alzare gli occhi, provare a guardare al di là, provare a guardare l'orizzonte, il volto del Signore. E si vedono le cose in un altro modo.
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