I vescovi dei Paesi del Mediterraneo: la fede va mostrata con limpidezza
Andrea Dammacco - Bari
“Ci conosciamo troppo poco e spesso non capiamo fino in fondo la vita delle comunità dei Paesi del Mediterraneo. Questo scambio di esperienze ci permetterà di rinsaldare i rapporti tra le Chiese e testimoniare l’esperienza viva della fede da trasmettere alle generazioni future”. Il vescovo di Acireale, monsignor Antonino Raspanti, riassume con sorpresa e gioia la prima mattinata di lavori dell’incontro di riflessione e preghiera “Mediterraneo frontiera di pace”, in corso a Bari fino al 23 febbraio. Divisi in gruppi da dieci, disposti su sei tavoli, i vescovi hanno dato vita a lunghi e profondi racconti di testimonianze, ognuno descrivendo le difficoltà, ma anche il buono, dei propri territori.
Dialogare e lanciare proposte concrete
È stata la professoressa Giuseppina De Simone, coordinatrice del biennio di specializzazione in Teologia fondamentale della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia meridionale, ad avviare i lavori di questa mattina tracciando una linea comune di discussione su come testimoniare la fede “con semplicità e in maniera limpida". "L’annuncio - ha proseguito la docente - passa attraverso l’esperienza e aiuta a leggere quella propria di ciascuno e quella condivisa”. Un concetto ribadito da monsignor Raspanti, quando spiega che i dialoghi intrapresi oggi non sono fini a se stessi ma alla base del documento finale che verrà consegnato nelle mani di Papa Francesco, domenica prossima sull’altare della Messa conclusiva dell’evento: “Le tematiche trattate oggi – ha sottolineato mons. Raspanti – sono state molte: i giovani e la fede, i travagli dovuti alle guerre, lo svuotamento delle comunità cristiane in determinati Paesi. Ma sono racconti che dovranno portare a proposte concrete e condivise”.
Cogliere un rapporto nuovo con la fede
Il contesto del Mediterraneo, però, appare essere mai davvero conosciuto sulla sua sponda Nord. Il Medioriente e il Nord Africa non sono soltanto zone di conflitto e sofferenza ma luoghi dove “esiste una realtà di popolo molto viva e che i paesi del mondo guardano con sufficienza”, ha rimarcato con forza l’arcivescovo di Bari, monsignor Francesco Cacucci. “Questo incontro – ha continuato l’arcivescovo di Bari - deve aiutare le Chiese e i popoli del Mediterraneo a capire come esista, in quei Paesi, una realtà di immersione nel popolo. Ci sono allora delle ricchezze, nelle Chiese del Nord Africa e del Medio Oriente, non solo di incontro tra le varie religioni ma anche di ricchezza spirituale ed ecclesiale che noi europei dovremmo conoscere di più per riconsiderare il rapporto con la fede in un modo nuovo”.
Un impegno educativo e sociale
Il “grande lago di Tiberiade”, come lo chiamava Giorgio La Pira, anche oggi ricordato dai vescovi, è però, troppo spesso scenario di miserie e guerre: “Ci sono territori in cui si parla di lunghi processi di pace che sembrano non arrivare mai a conclusione. Si va da situazioni di spaccatura, come Cipro, a gravi crisi economiche, come il Libano o Giordania”, analizza il Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton a conclusione dei lavori. Nella sua opera quotidiana di evangelizzazione e ricerca della pace, padre Patton riporta ai vescovi l’opera della presenza dei cristiani, che “ha a che fare con la vita concreta delle persone, pietre vive, con un impegno pastorale ma anche educativo. E questo impegno educativo e sociale è prioritario. Per cui vale la pena spendersi di più per costruire convivenza, collaborazione e amicizia”.
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