Colombia, Caso aborto di Juan Sebastián: appello dei vescovi per tutela della vita
Isabella Piro - Città del Vaticano
In una nota diffusa sul suo sito web, i vescovi colombiani esprimono “profonda tristezza e costernazione per la morte, provocata tramite aborto, di un bambino non ancora nato”, che per di più “gode di ottima salute”. Nella nota, a firma di monsignor Óscar Urbina Ortega, presidente della Cec, e di monsignor Juan Vicente Córdoba Villota, responsabile della Commissione episcopale per la promozione e la difesa della vita, i vescovi di Bogotá esortano alla preghiera e si dicono “perplessi” per il fatto che le istituzioni del Paese “non garantiscono i diritti del padre il quale, con insistenza e tenacia, lotta per la vita per figlio”. “Riaffermiamo che la vita è sacra – scrivono i presuli - che l’aborto è un’ingiustizia che grida al cielo e una gravissima ferita per la società e che non è possibile costruire la pace mettendo in atto questa pena di morte contro i più piccoli ed indifesi”.
Invito dei vescovi a Giornate di preghiere per le vittime di aborto
“Sono stati superati i limiti di ogni logica”, afferma ancora la Cec, esortando a “pronunciamenti pubblici in favore ed in difesa della vita di tutti, specialmente dei minori e più vulnerabili”, affinché le autorità “prestino ascolto a questo grido”. Di qui, l’invito, rivolto a tutti i cattolici, a realizzare “Giornate di preghiera per le vittime di aborto, perché in Colombia si ponga fine ad ogni attentato contro il diritto fondamentale alla vita”. Infine, i presuli pregano per tutti coloro che “hanno dedicato la propria esistenza a promuovere e difendere la vita”.
La giurisdizione in Colombia sull’aborto
In Colombia, l’aborto è stato depenalizzato nel 2006, ma solo per tre casi eccezionali: rischio di vita della madre, casi di stupro e malformazioni del feto. A stabilirlo è stata la Corte Costituzionale, emettendo la sentenza C-355/06. Successivamente, nel 2018, la Corte ha emesso una nuova sentenza, la SU096/2018, che ha definito l’aborto “un diritto”, rendendolo possibile durante tutta la gravidanza. Attualmente, il Ministero della Salute sta lavorando ad un regolamento attuativo di tale sentenza.
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