Quindici anni fa in Brasile l’assassinio di suor Dorothy Stang
Giovanni Zavatta
Si chiamava Dorothy Mae Stang ma per tutti era Irmã Dorote. Dove è sepolta — nell’accampamento di Boa Esperança, ad Anapu (Stato di Pará), accanto alla foresta amazzonica che era tutta la sua vita — una semplice croce azzurra, di legno, in mezzo ai fiori. A ucciderla, con sei colpi di pistola, il 12 febbraio 2005, criminali che non gradivano il suo coraggioso impegno contro la deforestazione che l’aveva portata a sfidare imprenditori e proprietari terrieri, ricevendo a più riprese minacce di morte. Spirò, a 73 anni, con la Bibbia in mano, la sua unica “arma”.
Non è un caso che la presentazione dell’esortazione apostolica post-sinodale Querida Amazonia coincida con il quindicesimo anniversario della morte di questa religiosa statunitense, appartenente alla congregazione delle Suore di Nostra Signora di Namur, dal 1966 missionaria in Brasile, sempre al fianco di contadini e operai. Dorothy Stang, per il suo sacrificio “testimone della fede”, rappresenta uno dei più luminosi esempi di devozione al Vangelo applicata sul campo, accanto ai più umili, ai senza voce.
E rappresenta tutti quei religiosi, sacerdoti, suore, diaconi, laici, che ogni anno perdono la vita nel mondo in nome della fede. Tanti quelli caduti per difendere le popolazioni indigene, come Paul McAuley, dei Fratelli delle scuole cristiane, religioso britannico assassinato nell’Amazzonia peruviana, o Dilma Ferreira da Silva, leader del Movimento delle persone danneggiate dalla costruzione di dighe (anche lei uccisa nello Stato brasiliano di Pará), come il missionario italiano comboniano Ezechiele Ramin, oppure monsignor Alejandro Labaka, colpito a morte nel 1987 in Ecuador insieme a suor Inés Arang.
La storia della vita di Dorothy Stang — scrive suor Roseanne Murphy nel libro Martire dell’Amazzonia (Bologna, Emi, 2009, pagine 159, euro 13) — «continuerà a ispirare innumerevoli persone a mantenere vivi i suoi ideali non solo in Brasile, ma ovunque ci siano persone che sentono il peso dell’oppressione». Ad Anapu Irmã Dorote fondò il sindacato locale dei contadini, promosse la costruzione di ventitré scuole in un’area dove l’istruzione era assente, insegnò le tecniche di agricoltura sostenibile, fece comprendere agli indigeni l’importanza di battersi per i loro diritti. Dimostrò a tutti «che cosa può fare chi ha fede, coraggio e determinazione per cambiare una parte del mondo disperatamente bisognosa di giustizia». Ecco perché «la sua storia è tutt’altro che terminata».
Oggi, come accaduto per tutti gli anniversari della sua morte, centinaia di persone si sono radunate attorno a quella tomba nella foresta. Fra esse i rappresentanti delle tante comunità di base sorte soprattutto dopo il sacrificio di Dorothy Stang, per condividere il Vangelo e viverlo sul campo, come lei aveva insegnato. Querida Amazonia è dunque, anche, un doveroso omaggio a questa piccola donna, paladina della giustizia sociale, e a tutti quelli che hanno donato la vita per difendere la loro fede.
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