Vescovi dell’India: il dialogo contro lo "pseudo-nazionalismo" che divide
Lisa Zengarini – Città del Vaticano
Con un “fervido” appello contro lo “pseudo-nazionalismo” che divide, anti-camera di “nuove forme di totalitarismo” e per il dialogo “che è l’essenza stessa del cristianesimo”, oltre che la base della democrazia, si è conclusa il 19 febbraio a Bangalore l’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale indiana (Cbci). Il dialogo nelle sue varie declinazioni è stato il filo conduttore dei lavori che hanno riunito per una settimana i vescovi dei tre riti in cui è suddivisa la Chiesa indiana. Un tema che riflette le preoccupazioni dell’episcopato per le crescenti tensioni che attraversano la società e la vita politica del Paese, riaccese di recente anche dall’approvazione della Citizenship Amendment Act (CAA), la controversa legge che esclude gli immigrati musulmani dalla possibilità di ottenere la cittadinanza.
Orgoglio dei vescovi per la Costituzione indiana che sancisce la laicità dello Stato
A questo proposito la documento finale ribadisce che la religione non può mai essere una discriminante, tanto più in una società come quella indiana il cui tratto distintivo è sempre stato il pluralismo. “Sin dall’antichità l’India è un mosaico di religioni, culture e lingue con una forte identità indiana. Ciò che ci unisce è più forte e più profondo di ciò che ci divide”, affermano nel testo i vescovi, dicendosi “orgogliosi della Costituzione indiana” che sancisce la laicità dello Stato e garantisce a tutti i cittadini “giustizia, libertà, uguaglianza e fraternità”.
L’importanza del dialogo e del rispetto reciproco
Il messaggio ricorda che la Chiesa, basandosi sulla Rivelazione Biblica, ha “per sua stessa vocazione” il dialogo. Per questo essa “incoraggia i credenti al rispetto reciproco e delle loro rispettive tradizioni, cooperando così per promuovere la pace e l'armonia e lavorare per il bene comune di tutti”. Ogni comunità che vive in India ha la sua identità culturale con la sua ricchezza che deve essere rispettata ad ogni costo”, sottolineano con forza i vescovi. Ne discende che nessuna cultura o religione può dominare altre poiché “la sottomissione di alcune culture ad una dominante distruggerà la fratellanza e l’armonia esistenti nel Paese”.
Il nemico della fratellanza è l’individualismo che vuole riaffermare il proprio gruppo
Il nemico di questa fratellanza, affermano ancora i presuli, citando il Documento di Abu Dhabi sottoscritto un anno fa da Papa Francesco e dal Grande imam di Al Azhar, “è un individualismo che si traduce nel desiderio di affermare se stesso e il proprio gruppo sugli altri”. A questo modello individualistico, il messaggio contrappone il dialogo con i poveri, i dalit e i tribali, ai quali i “diritti umani vengono continuamente negati”; quello con il Creato che le attività umane stanno distruggendo, ma anche il dialogo con i bambini non nati, la cui vita in India è ancora più minacciata oggi dalla nuova legge sull’aborto che ha portato a 24 settimane il termine per l’interruzione volontaria della gravidanza e di cui la Chiesa indiana chiede “l’immediata cancellazione”.
Il dialogo non è nemico dell’identità. I rischi dell’isolamento culturale
In conclusione, l’appello rivolto alle autorità indiane ad impegnarsi contro i “tentativi di creare l’isolamento culturale” nel Paese e a promuovere invece il dialogo che, come sottolineato da Papa Francesco nella “Querida Amazzonia”, non è nemico dell’identità. Da parte loro, i vescovi ribadiscono la loro ferma volontà di continuare a collaborare alla costruzione della Nazione.
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