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A Caracas proseguono le manifestazioni A Caracas proseguono le manifestazioni

L’allarme del Celam, in Venezuela la democrazia è in pericolo

Lo scorso 11 marzo, a Bogotà, si è svolto un incontro delle Conferenze episcopali della regione bolivariana, un momento per riflettere sulla grave crisi che si vive nel Paese latinoamericano

Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano

In Venezuela è a rischio la democrazia, perché  la politica dello stato non mira al bene comune, al progresso del  Paese , ma è caratterizzata da discriminazioni. E’ la sintesi di uno dei paragrafi del comunicato del Celam, che analizza la situazione in Venezuela, in questo momento oscurata, come tante altre gravi crisi nel mondo, dall’allarme dettato dalla diffusione del Covid-19, e dove si sono regitrati nelle ultimi giorni ancora scontri tra le forze dell'ordine e manifestanti  anti-governativi. 

I presuli sottolineano che, secondo le stime delle Nazioni Unite, “quasi 5 milioni di venezuelani hanno lasciato il Paese per cercare rifugio altrove, a causa delle violenze scatenate dal conflitto tra il governo legato al presidente Nicolas Maduro e l’opposizione vicina al leader Guaidò, violenze perpetrate dalle forze di sicurezza”. Quello che indicano i vescovi è in sostanza, spiega Alfredo Somoza, presidente dell'Icei (Istituto cooperazione economica internazionale) “un decalogo di ciò che sta accadendo in Venezuela”.

Ascolta l'intervista con Alfredo Somoza

R. – In Venezuela la situazione sta peggiorando e la denuncia dal teologo venezuelano Rafael Luciani, esperto del Celam, è praticamente un decalogo di ciò che sta succedendo nel Paese e di cui si fa fatica a parlare in questo momento. Luciani parla di una democrazia a  rischio, e questo in realtà in Venezuela sta succedendo da molto tempo,  però ha detto anche cose gravi che non erano tanto conosciute, ad esempio il fatto che i cittadini venezuelani attualmente possono essere discriminati per le loro idee, quindi possono non essere concessi prestiti o facilitazioni per studiare se sono famiglie che non manifestano adesione al governo. Ha poi parlato anche di quello che potrebbe diventare il Venezuela con la riforma costituzionale, della quale si sta parlando e alla quale sta lavorando il governo e che, in qualche modo,  andrebbe ad intaccare il principio della proprietà privata, instaurando una collettivizzazione della proprietà che sarebbe uno strumento in più per un governo che viene anche accusato di utilizzare il petrolio, che è un bene comune dei venezuelani, per i propri interessi.

Il Celam ha fatto il punto della situazione, ma i vescovi del Paese come riescono, ora, ad essere presenti con la loro voce, quanto il lavoro della Chiesa è efficace ?

R. – La  Chiesa per molto tempo ha dato priorità agli interventi di tipo sociale di fronte all'emergenza sanitaria e umanitaria, e questo era anche per non disturbare, per non creare ostacoli, ad una trattativa che vedeva il Vaticano impegnato per portare al dialogo le due parti . Purtroppo questo dialogo non ha dato frutti, la trattativa si è inceppata e non è stata l’unica,  perché anche quella di tipo politico portata avanti  dalla Spagna ha fatto la stessa fine. Adesso i vescovi,  anche con quello che è uscito da questo incontro dei Vescovi del Celam e dei diversi Paesi di quello che si chiama il gruppo di Paesi bolivariani, ci fa capire che la Chiesa, venuta meno l'ipotesi di un dialogo in qualche modo mediato dal Vaticano, da Papa Francesco in prima persona, ora comincia di nuovo a parlare molto chiaro. Cosa possono fare? Si tratta di un’autorità morale importante in questi Paesi che sono formalmente cattolici, dunque in alcuni casi  lasciano il segno , in  altri un po’ meno, ma è sicuramente una voce importante che con i tempi che corrono è anche un po’ a rischio, ricordiamo quello che accade in Nicaragua dove la Chiesa sta pagando un prezzo molto caro nel tentativo di fare da schermo tra il Governo e i ragazzi che hanno manifestato negli ultimi tempi. Quindi, può esserci un prezzo pesante per la Chiesa, ma d'altra parte è una delle poche voci autorevoli che possono dire ancora qualcosa perché l’opposizione al governo di Maduro lascia molto a desiderare è molto  frammentata e delle volte anche poco credibile.

Il sistema sanitario del Paese è collassato, un'emergenza come quella creata dal coronavirus in Venezuela potrebbe rappresentare uno scenario devastante …

R. – Il Venezuela ancora non registra ufficialmente casi di coronavirus , ma la Guyana, che è  confinante ha avuto già il primo morto. In  America Latina al momento il contagio è limitato, però comincia ad esserci, anche in Argentina  c'è stata una vittima. In Venezuela sicuramente il sistema sanitario è al collasso, dai dati che abbiamo sappiamo che manca spesso l'acqua, vitale per l’igiene, spessissimo i venezuelani sono colpiti da black-out elettrici, non hanno i generatori e questo è il problema degli ospedali, che non hanno i generatori. E poi ancora: oltre il 50% degli ospedali non ha materiarle di sicurezza, come guanti e mascherine, i reparti di rianimazione sono stati ridotti del 50%, e la cosa più grave è che tra i 5 milioni di venezuelani che sono andati via dal Paese ci sono diversi professionisti, in Venezuela si è arrivati ad un - 15% dei medici e un - 25% di infermieri, non ci sono farmaci che arrivano dall'estero , se in questo che questo contesto dovesse iniziare un focolaio epidemico di coronavirus, a Caracas, potremmo parlare sicuramente di un disastro umanitario

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12 marzo 2020, 17:42