Colombia. Aborto, per i vescovi la lotta per la vita "continua"
Isabella Piro - Città del Vaticano
La variazione richiesta mirava a depenalizzare l’interruzione volontaria di gravidanza, a prescindere dalle cause. La Corte ha motivato la sua decisione definendosi “organo giudiziario e non legislativo”. Di fatto, quindi, resta in vigore la normativa già esistente che permette legalmente l’Ivg solo in tre casi: stupro, malformazione del feto e pericolo di vita per la madre.
"Solo una pausa"
In una nota a firma di Monsignor Juan Vicente Córdoba Villota, presidente della Commissione episcopale per la promozione e la difesa della vita e pubblicata sul suo sito web, la Cec afferma che quanto accaduto “è solo una pausa nel cammino della Chiesa per ribadire che la vita va rispettata dal concepimento fino alla morte naturale”. Tuttavia, il presule evidenzia come “tutte le sentenze precedenti siano ancora in vigore e quindi questo significa che la lotta della Cec per la difesa e la promozione della vita non è finita, ma continua”. Il riferimento di Monsignor Córdoba è al caso del piccolo Juan Sebastián Medina, il nascituro al settimo mese di gestazione la cui madre ha deciso di abortire, forte della sentenza SU096/2018 della Corte Costituzionale, che ha definito l’aborto “un diritto”, rendendolo possibile durante tutta la gravidanza.
Vita inviolabile
“La vita è sacra”, ribadisce il vescovo colombiano, esortando a rispettare questo principio anche secondo quanto sancito dall’articolo 11 Costituzione in cui si afferma: “La vita è inviolabile, non è in vigore la pena di morte. La vita è un diritto fondamentale, dal concepimento alla morte naturale”. Il presidente della Commissione episcopale si sofferma, poi, sui tre motivi che, attualmente, rendono legale l’aborto nel Paese: riguardo allo stupro il presule lo definisce “terribile” e ribadisce l’esortazione ad “accompagnare le donne che ne sono vittime, denunciando e alzando la voce” contro tali violenze. “L’aggressore sia perseguito a norma di legge”, chiede il presule, che poi invita ad ascoltare la voce del nascituro che, “se potesse parlare, direbbe: ‘Mi buttano via come un rifiuto biologico’”.
Diritto e fondamento
Ribadendo, inoltre, “il diritto alla vita” del bambino, Monsignor Córdoba si sofferma sul caso in cui il nascituro presenti delle malformazioni e sottolinea: “Nessuna disabilità è incompatibile con la vita. Si sta distruggendo la dignità dell’essere umano”. Quanto al caso in cui la gravidanza metta in pericolo la salute o la vita della donna, il presule dice: “Il medico dovrebbe cercare di salvare entrambi, madre e figlio. Se uno dei due muore, non si tratta di aborto o di omicidio, perché il medico ha comunque adempiuto al giuramento di Ippocrate”. Di qui, l’appello conclusivo della Cec a tutelare “il diritto fondamentale alla vita”.
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