Le campane che portano "la voce di Assisi"
Paolo Ondarza - Città del Vaticano
"La tradizione della Chiesa ci ha dato le campane come segno della presenza di Dio e come invito alla preghiera". Parla da una Assisi che definisce "un po' irreale" il vescovo Domenico Sorrentino. La necessità di evitare il diffondersi del contagio da Coronavirus ha spopolato una città che conosce folle 12 mesi l'anno. Ora, nel tempo dell'"io resto a casa" c'è bisogno di rafforzare il senso di appartenenza ed ecco, mentre le chiese sono costrette alla solitudine, che a tessere un legame tra le persone sono i rintocchi che attraversano la città tre volte al giorno.
Uno squarcio di cielo
"In questo momento di sofferenza e di preoccupazione, accanto a tutti gli altri strumenti con cui dobbiamo fronteggiare la crisi, non deve mancare uno squarcio di soprannaturale perché sappiamo che Dio non ci abbandona", afferma il vescovo della città francescana. E a rafforzare questa convinzione sono proprio le campane, che per monsignor Sorrentino "sono veramente la voce di Assisi", "l'unica maniera con cui in questo momento si può far sentire che c'è la comunità" e assicurare, aggiunge, che San Francesco e Santa Chiara "intercedono" per l'Italia.
Il bene va fatto bene
Del resto, osserva il presule, Francesco è un modello a cui guardare in questo momento di crisi perché "è l'uomo di Dio e anche l'uomo della solidarietà e l'uomo dei fratelli. L'uomo che si è spogliato di tutto per farsi veramente tutto a tutti ed è quello che dobbiamo sentire in questi giorni - pur con tutte le precauzioni perché si rischia anche nel voler fare il bene di farlo male - e tuttavia possiamo in tante maniere renderci vicini a chi soffre".
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