Monsignor Spreafico, preghiamo uniti per riscoprire l'essere popolo
Francesca Sabatinelli - Città del Vaticano
Il grande valore della preghiera, che Papa Francesco anche nell'Angelus di questa domenica ci ricorda essere fondamentale per l'unione con Cristo, soprattutto in questo momento difficile in cui per i fedeli è impossibile recarsi a Messa e ricevere l'Eucaristia, viene confermato dal vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino, monsignor Ambrogio Spreafico, Presidente della Commissione Episcopale per l'ecumenismo e il dialogo interreligioso. Per il presule, le parole del Papa sono fondamentali:
R. – Credo che in questo momento noi dobbiamo pregare. Una volta, quando c'erano le pestilenze, c'erano le ‘rogazioni’, queste preghiere particolari che si facevano e si diceva: a peste, fame, et bello, libera nos Domine! Ecco, io credo che noi dobbiamo pregare, non possiamo pregare insieme. Le chiese sono aperte, ma non possiamo celebrare la Messa, possiamo però unirci nella preghiera che ha un grande potere di comunione, di unità, di sostegno. La preghiera cambia la vita, cambia la storia, l'ha detto Gesù: “Chiedete e vi sarà dato”. Anch'io, devo dire, ho suggerito ai fedeli della nostra diocesi, ma anche a tutti, di pregare molto il Rosario e di pregare anche con la Bibbia, che è una grande sorgente di sapienza, di umanità, di consolazione. Mi viene in mente quel bellissimo passo di Mosè, quando nel deserto, quindi nella fatica, poneva la tenda del convegno.
Si dice che Mosè entrasse nella tenda del convegno, tutti si voltavano verso di lui e lui parlava con Dio, faccia a faccia. Dio vuole parlare con noi faccia a faccia, nella preghiera è come se noi fossimo davanti a lui, e lui parla con noi e noi rispondiamo. Oggi il brano della Samaritana ce lo dice: Gesù dialoga vuole dialogare con noi. Ho suggerito dei salmi, il 71, l’ 86, il 121: “Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l'aiuto?”, si chiede un pellegrino salendo nel buio a Gerusalemme. Da dove mi verrà l’aiuto? L’aiuto mi viene dal Signore che ha fatto cielo e terra.
Quanto è difficile in questo momento rapportarvi ai vostri fedeli, sapendo di avere un'azione limitata nei loro confronti ?
R. – Penso due cose. La prima è: comunichiamo con loro. In questo frangente devo dire che i social sono molto utili. Io ho celebrato la messa, ovviamente da solo, l'ho messa su YouTube, le persone la seguono, mi rispondono. E poi ancora, dobbiamo telefonare agli anziani, alle persone sole che sono vicine anche a noi. La gente ha bisogno di parlare, io sono stupito di come abbia bisogno di parlare, di essere ascoltata, col telefono, con le chat. Insomma, troviamo modi! Io faccio dei piccoli video, ogni settimana, 2 minuti e mezzo, che trasmetto su YouTube attraverso il canale diocesano, in cui faccio una piccola meditazione sul brano della Bibbia. Il brano che scelgo come priorità è ‘la tempesta sedata’. Credo che noi siamo in un mare in tempesta, c'è la barca, c'è Gesù, che sembra dormire, i discepoli sono impauriti, ma intorno a lui ci sono altre barche, ci sono le barche del mondo, degli altri, degli altri Paesi, siamo tutti connessi. Io credo che si debba imparare ad essere vicini gli uni agli altri. La seconda cosa è: non dimentichiamo la solidarietà! Bisogna trovare modi, certo rispettando le regole che ci sono state date dal governo, per non dimenticare i poveri, gli anziani soli, bisogna trovare il modo per aiutarli ad avere la spesa, le nostre mense non saranno forse sempre più possibili come prima, ma non dimentichiamo di dare il cibo a chi non ne ha, perché altrimenti, oltre ai malati che subiscono questo flagello - speriamo e preghiamo il Signore che non siano contagiati al punto da morirne - pensiamo anche che c'è tanta gente che non ha proprio nulla. La solidarietà non può mancare in questo periodo.
In questi giorni gli italiani stanno reagendo in un modo assolutamente compatto. Ne è prova, ad esempio, la scelta di uscire sui balconi e cantare, e suonare, e tutti gli abitanti di un quartiere ritrovarsi in un solo coro. Lei come vede questa espressione di unione ?
R. – Io penso che sia una cosa molto bella. Noi forse stiamo riscoprendo che la solitudine è un male, l'egoismo è un male, essere divisi è un male. Io credo e spero, che in questo frangente di solitudine, di distanza, noi si riscopra il senso, il valore della comunione e dell'amicizia, del parlare un'unica lingua, dell’essere solidali con gli altri, di non chiudersi in se stessi. Credo che sia un messaggio molto bello e anche noi lo condividiamo, lo viviamo in tanti modi e ritengo che oggi senza Messa, noi tutti, i nostri fedeli, dovremo riscoprire il valore dell'essere insieme per fare comunità, dell'essere un popolo, come dice sempre Papa Francesco: "un popolo". Questa è la grande riscoperta che oggi stiamo facendo. Penso al nostro Paese, connesso agli altri. Direi, per finire, che scopriamo come davvero la globalizzazione ci connetta tutti. Il virus è venuto da lontano, ha toccato tutti noi, siamo connessi nel male, ma possiamo essere connessi anche nel bene. Forse è il momento della resilienza, di resistere e di comunicare a tutti la bellezza, la gioia del vivere insieme e dell'essere un popolo.
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