Acs: nella morte di Gesù in croce la sorte di tanti cristiani perseguitati
Gabriella Ceraso - Città del Vaticano
Servitori e vinti, pastori e vittime, credenti e perseguitati: nel Venerdì Santo che ci fa ripercorrere la passione e la morte di Gesù, in lacrime, tradito, schernito, solo e abbandonato, riviviamo la sorte di tanti cristiani, trecento milioni esattamente, che nel mondo patiscono discriminazioni, ingiustizie, prigionia, mancata libertà di professare la loro fede e morte, solo perchè non rinnegano la loro fede.
Nella passione, uniti come comunità che prega
Sono spesso sacerdoti e religiose, sempre a servizio delle comunità cristiane più fragili e che in questi tempi in cui la pandemia si somma alla povertà e alla persecuzione, non smettono di lavorare, rischiando ancor di più la loro vita, e non dimeniticano di pregare per quanti nel mondo ora vivono la malattia e il dolore. Per questa ragione la fondazione di diritto pontificio Aiuto alla Chiesa che soffre ha appena stanziato 5 milioni di euro per finanziamenti di emergenza a loro favore specie in Medio oriente, nell’Europa centrale e orientale, nell’America latina, in Asia e in Africa. Grazie a questa iniziativa i ministri di Dio potranno dedicarsi di più e melio alle attività pastorali e di sostegno ai malati e agli anziani, in particolare a quanti vivono in condizioni di miseria.
La riflessione, nel cuore del Triduo pasquale, viene da Alessandro Monteduro, direttore della fondazione di diritto pontificio, Aiuto alla Chiesa che soffre Italia:
R. - La chiesa è una ed è unita, indipendentemente dalla dispersione territoriale e dalle difficoltà. Tuttavia essere minoranza religiosa, in numerose parti del mondo, per esempio in Iraq, in Siria oppure in Nigeria o in Pakistan, certamente porta a vivere la fede con maggior intensità. Oggi, il giorno dedicato alla passione di nostro Signore, ascoltando e avendo a che fare con tanti sacerdoti e cristiani di queste aree, mi viene in mente come per loro ci sia anche un riferimento all'occidente, perchè troppe volte l'occidente si è comportato da Ponzio Pilato, voltandosi dall'altra parte e manifestando indifferenza per le loro sofferenze. Sofferenze che patiscono solo perché non intendono mai smettere la loro appartenenza a Gesù. Ecco dunque, per loro, oggi una grande esortazione alla fede, e un invito che quell'atteggiamento pilatesco da parte dell'Occidente una volta per tutte venga meno.
La pandemia oggi si è andata a sommare a povertà, persecuzioni e abbandoni in tante parti del mondo. Per questo Acs ha pensato ad un fondo straordinario per finanziare l'emergenza, proprio a favore dei religiosi impegnati nel servizio, che si immolano, che danno la loro vita per non rinnegare Cristo. Ecco, c'è qualcosa nelle loro parole che la colpisce e le risuona particolarmente dentro, oggi?
R. - Solo chi non frequenta i cristiani perseguitati può sorprendersi nel sapere che la loro attenzione anche oggi va alle sofferenze di paesi come l'Italia o la Spagna. In queste settimane sono state innumerevoli le testimonianze da queste aree del mondo, di profonda vicinanza alle sofferenze dei loro fratelli sicuramente più fortunati. Vicinanza a quell' isolamento ,a quella paura, qulla vulnerabilità, che noi stiamo sperimentando in queste settimane e probabilmente sperimenteremo per un breve lasso temporale, ma che invece loro vivono da sempre. Ecco, questo è straordinario. Noi abbiamo deciso di contribuire - anche noi, perché è da sottolineare come l'intera Chiesa in questa tragedia lo stia facendo eccezionalmente da ogni punto di vista - abbiamo voluto sostenere con un gesto non soltanto simbolico, l'intero clero che in Burkina Faso come in Venezuela, è l'unica fonte di supporto alle comunità che dopo avere vissuto povertà e persecuzioni patiscono gli effetti di un'altra "p" che è la pandemia. Ecco perché allora esprimo tutta l' ammirazione da parte di ACS per questa parte di Chiesa del mondo che è la rappresentazione più bella di come si possa essere "comunità" sempre sempre unita e convinta che, solo attraverso questa azione comune, si possano superare tutti gli ostacoli.
Il venerdì Santo per il cristiano viene vissuto anche con gli occhi già rivolti alla certezza della Resurrezione. Quali sono i segni di luce,di speranza e di Resurrezione che lei intravede in tante realtà di sfferenza?
R. - La luce per me è, per farle un esempio, quanto avvenuto in questi ultimi 12 mesi, nel nord dell'Iraq , dalla grande valenza simbolica. Qui, grazie alla generosità di tanti e di tante Chiese, e organizzaioni anche cattoliche, sono rientrati i cristiani. E' una comunità purtroppo sempre più residuale, - erano 1 milone e mezzo oggo sono duecentomila - però sono riusciti a tornare nella loro terra natale per festeggiare la Santa Pasqua. Ecco secondo me, la Risurrezione dipende anche da noi, soprattutto da noi, e, continuare ad essere una unica grande comunità, che non si volta dall'altra parte, ma che guarda le sofferenze dei nostri fratelli, è il modo migliore per raggiungere quella luce cui lei faceva cenno.
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