Carcere della Giudecca. Femminile, solidale
Davide Dionisi – Città del Vaticano
Le donne in carcere spesso vivono un doppio dramma: quello della detenzione e dell’essere mamma non in grado di svolgere il proprio ruolo. Inoltre, per natura, hanno un modo differente di vivere la reclusione. Basta visitare un istituto maschile ed uno femminile per capirne le differenze. In un momento drammatico come quello che sta vivendo la società fuori, per loro la sofferenza è accentuata. Ma c’è carcere e carcere. Alla Giudecca per esempio, la reazione a quanto sta accadendo nel cosiddetto “mondo libero” è stata diversa. Sorprendente, per certi versi.
L’ascolto, prima di tutto
“Il virus ha colto un po’ tutti di sorpresa e qui le detenute si sono immediatamente preoccupate per i figli e le famiglie. Abbiamo immediatamente intercettato il loro bisogno di parlare e di confrontarsi e quindi, grazie alla Direttrice, abbiamo organizzato diversi incontri” spiega Suor Franca Busnelli, religiosa delle Suore di Carità (di Maria Bambina ndr) che presta servizio da sei anni nella Casa di reclusione femminile di Venezia-Giudecca. In questi giorni continua il suo prezioso servizio, insieme ad una consorella infermiera, ed è una dei rari punti di riferimento all’interno dell’Istituto, considerato che il cappellano è in quarantena.
La raccolta fondi per l’Ospedale
“Questo è stato uno dei primi istituti che si è distinto per gesti molto significativi di solidarietà. Tra tutti, la raccolta fondi (110 euro) poi donati al Reparto di Terapia Intensiva dell’Ospedale dell’Angelo di Mestre. Le ragazze hanno voluto così testimoniare la loro vicinanza agli ammalati, ai loro familiari, ai medici e agli infermieri. Nel contempo hanno inviato una lettera al Presidente della Repubblica alla quale lo stesso Mattarella ha risposto, elogiando l’iniziativa delle ospiti” racconta la religiosa.
La ripartenza
L’investimento sulla formazione personale e lavorativa è una componente fondamentale e irrinunciabile della proposta trattamentale diretta alle donne detenute. Lo è ancora di più in questo momento anche se le filiere di produzione sono ferme. “Il lavoro si è bloccato per due settimane” rivela Suor Franca. “Sartoria chiusa, così come la lavanderia, l’area della cosmesi e perfino l’orto. Da alcuni giorni l’attività è ripresa e le ragazze stanno producendo mascherine sia per l’interno, che per l’esterno. Molte attività sono state interrotte anche a causa dell’assenza dei volontari che, in questo carcere, fanno la differenza. Soprattutto i più giovani. E’ a loro che ho chiesto di non bloccare la loro attività di supporto e di assistenza, scrivendo lettere e registrando videomessaggi che sono riuscita a fargli vedere” aggiunge.
Solidarietà per un domani migliore
Di fronte ad emergenze come questa, abbiamo il preciso dovere di aiutare chi si sforza di alleviare i bisogni del prossimo. Questo avranno pensato le ragazze della Giudecca per testimoniare che non è tutto negativo quello che c’è nel carcere e dimostrare che i percorsi di ravvedimento sono più evidenti quando gli eventi esterni sono tanto straordinari, quanto nefasti. Per Suor Franca “Manifestare solidarietà in un momento così difficile, le aiuta a sentirsi parte attiva di una comunità, nella speranza che quando giungerà il momento di tornare a casa, troveranno una società disposta ad accoglierle e a farle sentire donne e cittadine utili alla società come tutti gli altri”.
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