A Duno il tempio per i medici caduti contro il virus
Federico Piana- Città del Vaticano
Duno è un piccolo paese incastonato nelle valli varesine. Con i suoi 531 metri d’altitudine e poco meno di 150 abitanti, sarebbe rimasto nel completo anonimato se in questi giorni tragici, che continuano a costare la vita anche a decine di operatori sanitari, qualcuno non avesse riscoperto, sul suo suolo lombardo, l’esistenza di un tempio votivo ai medici d’Italia. Costruito nel 1938 per volontà di un solerte sacerdote, don Carlo Cambiano, ora c’è chi spera che il tempio possa ospitare, in modo permanente, anche il ricordo di quei valorosi sanitari che non si sono tirati indietro per combattere la pandemia.
Presto una messa in ricordo degli eroi con il camice bianco
Don Lorenzo Butti, attuale responsabile della comunità pastorale che comprende Duno, è tra coloro i quali ha nel cuore il desiderio di poter celebrare almeno una messa in loro onore proprio nel tempio, quando sarà cessata l’emergenza: “Don Carlo Cambiano -ricorda – considerava i medici come buoni samaritani ma riteneva che andavano anche sostenuti, soprattutto con la preghiera, per condividere con loro fatiche e sofferenze”. L’opera è composta dalla chiesa e dal sacrario, nel quale sono ricordati tutti i medici caduti nell’adempimento del proprio dovere. “Ogni anno i medici della provincia di Varese partecipano alla festa di San Luca e scelgono, tra i colleghi deceduti sul lavoro, due nomi da far incidere su una lapide, per un ricordo profondo e duraturo” racconta don Butti, assicurando che il gesto non ha eguali in Italia e nel mondo.
Possibile una cerimonia annuale
Il tempio votivo di Duno, dunque, non potrà che diventare un punto di riferimento italiano per chi vorrà, in futuro, fare memoria degli eroi in camice bianco che hanno donato la propria vita per gli altri al tempo del coronavirus. “Nel momento in cui potremmo chiamarci fuori dalla dura situazione nella quale ci troviamo – assicura don Butti – andremo al tempio a pregare per i medici caduti. E poi spero che ogni anno ci possa essere una celebrazione con data fissa che possa ricordarli per sempre”. Ma questo, aggiunge don Butti, “spetta deciderlo all’Ordine dei Medici. Sono sicuro che una formula la troveranno”.
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