La testimonianza dei militari al servizio del bene comune
Luca Collodi – Città del Vaticano
Prende spunto dalle parole di San Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI, nella sua Lettera Pastorale alla diocesi di Milano per la Quaresima del 1955, il titolo del messaggio pasquale dell’Ordinario Militare per l’Italia,monsignor Santo Marcianò. “È Pasqua! E noi abbiamo bisogno, soprattutto nel momento doloroso e difficile della pandemia che viviamo, di contemplare il Volto” di Cristo Crocefisso, scrive l’arcivescovo castrense. "Cristo ci è necessario per ritrovare il volto di ogni malattia e di ogni morte, anche di quelle che si sono consumate nelle nuove solitudini di questi giorni, e renderci conto che nessuno muore da solo se è amato e se ama; che, in realtà, nessuno muore mai del tutto”. Ci è necessario, aggiunge, anche “per scrutare la luce nascosta nei volti di chi si prende cura: dei nostri medici, infermieri, di tutti i militari con i diversi compiti, di coloro che riscoprono la solidarietà come strumento concreto per lottare contro la pandemia e la crisi. Volti nei quali - rimarca - l’amore supera la stanchezza, la speranza rimuove gli ostacoli, la solidarietà scopre che c’è sempre qualcuno più povero, più solo, più bisognoso di pane o di vicinanza”.
Nella nostra intervista invece, l'Ordinario militare si sofferma sul ruolo particolare, in questo momento difficile ,di tutte le Forze Armate e sulla sua personale lettura della Pasqua.
“Le nostre Forze Armate, sottolinea monsignor Santo Marcianò, arcivescovo Ordinario Militare per l’Italia, sono persone al servizio della comunità. Vivono la prossimità come l’essenziale della loro professione”. “In questi giorni ascolto le esperienze dei medici militari a Bergamo, Lodi: racconti dove i malati gravi si i aggrappano a loro, in situazioni dove le persone muoiono in solitudine. Sono loro, i medici, a confortarli e spesso a tracciare un segno di croce sulla loro fronte. Sono momenti in cui sono in gioco valori alti, come il valore della vita umana e della solidarietà".
Nella lettera inviata nella giornata del Giovedì Santo ai cappellani militari, monsignor Marcianò ha sottolineato l’importanza della creatività come risposta all’attuale situazione di chiusura, sofferenza, morte. “Creatività - ha scritto- “non per indicare semplicemente ingegnosità o innovazione, ma per richiamarci alla fecondità creativa, alla fecondità ministeriale, come partecipazione alla creazione, in questo momento così necessaria”.
Gli auguri
“La Pasqua è un passaggio, è andare oltre la morte, il dolore. I miei - afferma nella nostra intervista l' Ordinario Militare per l’Italia - sono gli auguri di una certezza. La certezza che anche in questo tempo di sofferenza, di buio, c'è la luce, la luce della Pasqua. Cristo è risorto. Sono auguri di speranza. Sono auguri che fanno riferimento a quella possibilità di vivere anche il tempo della prova, il tempo del buio, con la Luce del Risorto, con quella forza, con quella Grazia del Risorto che ciascuno di noi ha dentro”. “La tentazione, come ci ricorda Francesco, è quella di ripiegarsi nella nostra sofferenza, di piegarci in questo tempo di dolore. E direi anche di difficoltà concreta, materiale, economica. E di non vedere la Luce della speranza”.
La solidarietà delle Forze Armate
"Le Forze Armate, le forze di polizia anche ad ordinamento militare, diciamo tutti gli uomini in divisa - spiega il presule - sono persone che considero di prossimità, cioè coloro che vivono la vicinanza all’altro con la loro vita, la vivono sulla loro pelle attraverso un impegno che coinvolge tutto di loro. Stiamo vedendo in questi giorni, come l’orizzonte educativo si impone. Sono persone che si danno da fare in tutto, penso all'ambito della sanità, alla sicurezza, all'ordine pubblico, al servizio aereo e marittimo. Colpisce l'immagine di quei carri che trasportano le bare. Sono persone che laddove richieste si rendono presenti. Penso agli alpini ed a quello che hanno fatto per la costruzione degli ospedali, cosiddetti da campo. Penso ai carabinieri che portano la spesa e la pensione a casa agli anziani. I militari sono questo prossimo che è sempre presente, che c'è, su cui si può contare e credo che questo sia un messaggio, come dicevo, educativo, importante soprattutto per i giovani. Quando si pensa al militari si pensa alla forza. Io credo che la forza che i militari usano, non solo in questo caso ma sempre, testimonia la forza dell'amore, della carità e della solidarietà".
La fede attraverso i social
"Ovviamente oggi siamo obbligati a vivere così la nostra fede. Ma attenzione - avverte monsignor Marcianò - a vivere attraverso i media, i social, una fede comunitaria, perché, ovviamente, la fede implica da una parte un rapporto personale con il Signore, dall’altro un rapporto comunitario e cresce nella misura in cui si vive l’Ecclesìa, si vive la comunità. Vedo però un rischio e credo che dobbiamo stare molto attenti, soprattutto noi sacerdoti, vescovi, quanti hanno la responsabilità, in qualche modo, della crescita, dell’ educazione, della fede dei credenti: il rischio è quello di evitare che passi l'idea del non necessario. Io non vorrei che passasse, ecco il rischio che dobbiamo evitare, l’idea del non necessario. Cioè del fatto che io posso seguire la mia messa comodamente seduto sul divano di casa, magari con più attenzione, che posso confessarmi direttamente con Dio… sono tutte cose che in questo periodo, in periodi di calamità, di emergenze particolari, si possono fare, sono lecite e da incoraggiare. Ma attenzione che non escludano poi, dopo, la partecipazione attiva. Attenzione, l’Incarnazione docet. Dio si è fatto carne e la carne è fraternità, comunione, incontro e abbraccio. La carne è vissuta nella relazione. Per questo credo che bisogna stare molto attenti, perché si potrebbe insinuare nella mente di coloro che vivono una fede un po’ debole, ed è questo un periodo particolare, non tanto per il coronavirus ma per il tempo culturale che viviamo, che non passi l'idea di una fede intimistica o di una fede che possa fare a meno dell'altro, della comunità".
Una Pasqua di povertà
"A me - afferma ancora monsignor Marcianò - è capitato di dire che l'Europa è tale solo in quanto comunità. Altrimenti non credo che abbia senso parlare di Europa. La pandemia sta mettendo letteralmente in ginocchio non solo d'Italia ma quasi tutti i paesi europei. Allora credo che la prima cosa da tenere presente è che la soluzione possibile deve essere veramente comune. Ci vuole coraggio anche perché non possiamo permettere, il Papa lo dice continuamente, che aumentino i poveri, che la gente muoia di fame. Bisogna evitare che la cosiddetta recessione si trasformi in una depressione prolungata. La perdita di reddito non è colpa di nessuno, penso soprattutto al privato, ma alla velocità della crisi è necessaria la velocità della soluzione. Bisogna prendere dei provvedimenti. Ovviamente non entro nel merito della questione perché non è mio compito. Però credo che questa velocità di porre rimedio alla crisi sia urgente. Più si aspetta e più aumenta e più i poveri aumentano e più la gente muore di fame”.
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