Primo Maggio. Dall’Argentina al Venezuela, l'appello dei vescovi per il lavoro
Isabella Piro - Città del Vaticano
Dalla 'A' di Argentina alla 'V' di Venezuela, sono numerosi i vescovi dei Paesi dell’America Latina che hanno diffuso un messaggio in occasione del 1° maggio, San Giuseppe Lavoratore, nonché Festa dei lavoratori. Tutti i presuli – o in video o con un testo scritto – hanno ribadito l’importanza di tutelare i diritti dei lavoratori e di dare priorità alla persona umana e non al capitale, sottolineando l’importanza di un salario equo e la necessità di sicurezze sociali adeguate. In tutti i messaggi, poi, emerge il difficile contesto in cui si lavora oggi: la pandemia da coronavirus, infatti, ha provocato l’aumento della disoccupazione ed ha colpito in particolare i lavoratori informali, già vulnerabili in partenza. Di qui, dalle diverse Chiese dell’America Latina arriva l’esortazione ai governi ed ai movimenti sociali affinché si attuinno misure adeguate per contrastare la crisi economica in corso, tutelando soprattutto le famiglie. Dai presuli anche un appello alla solidarietà tra la popolazione ed il ringraziamento alle tante categorie di operatori in prima linea contro il Covid-19.
Ecco perchè il lavoro è sacro
Nello specifico, attraverso un videomessaggio, il presidente della Conferenza episcopale argentina, monsignor Oscar Oscar Vicente Ojea Quintana, ribadisce che “il lavoro dona dignità alla persona e in questo senso esso è sacro”. Invitando a riflettere sulla situazione attuale del Paese, il presule aggiunge: “Già eravamo in un grave crisi, ma ora la pandemia da coronavirus ci riempie ancor di più di angoscia e preoccupazione. Per questo, invoco San Giuseppe lavoratore di illuminare i nostri governanti in questo tempo così difficile, affinché si possa pensare ad un’economia in termini umani e non ad un’umanità a servizio dell’economia”. “Prevalgano i veri valori e il bene comune – è l’auspicio del presidente dei vescovi argentini – in modo tale che ogni lavoratore ottenga dignità e possa mettere il pane in tavola”.
Aiutare in nome del Progetto di Dio
Sulla stessa linea monsignor Guillermo Vera Soto, vescovo di Iquique, in Cile, che nel suo videomessaggio afferma: “Il lavoro è un dono di Dio e un bene dell’uomo”. Il presule sottolinea poi che l’occupazione di ciascuno è “il proseguimento dell'eredità che il Padre ci ha lasciato per servire e aiutare il prossimo, così da contribuire alla realizzazione del Suo progetto”. Dal vescovo di Iquique anche l’invito a pregare che “coloro che non hanno un lavoro o che l’hanno perso a causa dell’attuale pandemia”. Sempre in Cile, l’Arcivescovo di La Serena, Monsignor Osvaldo Rebolledo Salinas, nel suo messaggio sottolinea come quest’anno la Festa dei lavoratori coincida con “una delle più grandi sfide del Paese e del mondo”, ovvero “la crisi causata dalle conseguenze del coronavirus a livello mondiale”.
Promuovere la solidarietà
Un dramma le cui proporzioni sono ancora da misurare, scrive il presule, ma che purtroppo già si sa che “colpirà le persone più povere, indifese e svantaggiate della società”. I vescovi, ribadisce, sono “particolarmente preoccupati per il fatto che molti individui e famiglie perdano le loro fonti di lavoro e che ciò implichi la mancanza di risorse per il loro sostentamento”. Di qui, l’appello a “promuovere la solidarietà e a lavorare per ridurre l'impatto della disoccupazione e le sue conseguenze”. Si tratta di “un impegno richiede lo sforzo di tutti, senza eccezioni”, afferma Monsignor Rebolledo Salinas che poi aggiunge: “Chiedo che nessuno venga lasciato fuori di fronte a questa emergenza”, perché “la solidarietà e la preoccupazione per coloro che hanno difficoltà è un dovere che scaturisce dal cuore stesso del Vangelo”.
Il lavoro rende partecipi all'Opera di Dio
Si sofferma, invece, su tre principi specifici l'arcivescovo di San Salvador, ne El Salvador, che, nel suo videomessaggio per il 1.mo maggio, invita i fedeli ad "Agire in favore del prossimo, pregare con fede e rispettare le norme di sicurezza della quarantena”, così da evitare il diffondersi del contagio da Covid-19. Gli fa eco il presidente della Conferenza episcopale dell’Uruguay, monsignor Arturo Eduardo Fajardo Bustamante che, sempre in un videomessaggio, si rivolge a “tutti gli uomini e le donne i quali, giorno dopo giorno, forgiano il Paese con il loro lavoro”, definito “un diritto che ci rende partecipi dell’opera creatrice di Dio”. Esprimendo, poi, la sua gratitudine a tutto il personale sanitario che, in questo tempo di pandemia, opera in prima linea, il presule prega San Giuseppe di “intercedere per tutte le famiglie ed affinché aumentino la solidarietà e il rispetto dei diritti nelle varie istanze lavorative”.
Non siamo soli
E ancora dall’Uruguay arriva il messaggio della Pastorale sociale locale: “Questa giornata del 1.mo maggio – si legge nel documento – ci coglie in mezzo ad una tempesta globale e si prevede un futuro di grande crisi economica e sociale che richiederà la più grande responsabilità e generosità di tutti, affinché un nuovo giorno, un nuovo mondo e una nuova umanità possano sorgere”. "Non siamo soli. Abbiamo l'un l'altro e questo è il significato e il messaggio profondo della celebrazione della Festa dei Lavoratori", afferma il messaggio. "Ma noi cristiani abbiamo anche un'altra certezza che è il fondamento della nostra speranza ultima e che oggi vogliamo condividere: Gesù è risorto, vive ed è sulla stessa barca con noi”, conclude il documento.
L'appello allo Stato e agli enti sociali
Infine, in Venezuela, monsignor José Luis Azuaje Ayala, presidente dei vescovi, scrive una nota in cui ringrazia tutti i lavoratori che “rendono possibile lo sviluppo umano integrale attraverso le loro mani, la loro intelligenza e la loro responsabilità”. Ribadendo, poi, l’importanza della persona umana sul prodotto del lavoro, il presule denuncia lo stato di crisi del Paese che “genera ingiustizie nel mondo lavorativo, sia formale che informale, con condizioni precarie in termini di remunerazione e sicurezza sociale”. Dal presule quindi arriva l’appello “allo Stato e gli enti economici” affinché “disegnino politiche lavorative e salariali che diano dignità alla persona e rendano possibile lo sviluppo umano integrale, pongano fine all’inflazione e considerino il lavoro dell’uomo come la chiave della questione sociale”.
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