Camilliani: viviamo questo tempo con Maria e per dare la terapia della speranza
Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
Nel giorno in cui la Chiesa ha affidato l’Italia a Maria, anche negli ospedali è riecheggiata, soprattutto nella profondità dei cuori, la preghiera alla Madre di Dio. L’apertura del mese mariano nell’ospedale “Santa Maria della Pietà”, gestito dai religiosi camilliani a Casoria in provincia di Napoli, è stata scandita dal Rosario. Anche le persone che abitano nei palazzi vicini all’ospedale, si sono unite dai loro balconi alla preghiera mariana affidando i loro cuori alla Madre di Dio. L’immagine di Maria è stata anche portata, grazie ad un carrello ospedaliero, nei vari reparti. Ad attendere Maria, tra le lacrime, c’erano malati non colpiti dal Covid, ma da patologie tumorali.
L’ospedale di Casoria è stato scelto dalla Regione Campania per assistere, in questo tempo di pandemia, pazienti oncologici. A loro i medici e il personale sanitario offrono tutte le cure possibili. A questo prezioso contributo medico si aggiunge l’amore dei camilliani che portano ad ogni malato una terapia speciale: quella della speranza che non si distacca da una autentica vicinanza umana. Fratel Carlo Mangione, religioso camilliano e direttore generale dell’ospedale “Santa Maria della Pietà” a Casoria ricorda lo speciale primo maggio vissuto nella sua comunità:
R. - Come ogni giorno, ma ieri in modo solenne, abbiamo prima pregato il Rosario con ‘i nostri condomini’, cioè con i residenti nei palazzi che si affacciano nel cortile dell'ospedale. Si sono affacciati mostrando anche una piccola immagine dai loro balconi e insieme abbiamo pregato il Rosario. Abbiamo pregato insieme alle suore e a tutta la comunità. Subito dopo, ci siamo recati nella corsia dell’ospedale. In questo momento, in ospedale, ci sono malati gravi, oncologici. É stato molto bello portare l’immagine di Maria su un carrellino proprio vicino al letto di ogni ammalato. Quello che ci ha colpito, soprattutto, è stato il modo con cui gli ammalati hanno pregato. E le lacrime che rigavano i volti. Tante volte perdiamo la mamma su questa terra e ci aggrappiamo alla Mamma del cielo. Abbiamo consacrato l’ospedale, gli ammalati e soprattutto gli operatori sanitari a Maria.
L’immagine è quella di un popolo di Dio unito nella preghiera, sia dai balconi, sia nei reparti dell’ospedale. Questa condivisione, nella preghiera, è l’arma più potente…
R.- A coloro che si affacciano dai palazzi ogni giorno per recitare il Rosario ho detto che l’ospedale non cura solo i corpi. L’ospedale cura tutta la persona. L’ospedale si è fatto carico anche di queste persone residenti nei condomini vicini alla nostra struttura proprio per curare lo spirito, lo stato d’animo. E per dare la grande terapia della speranza. Speranza di uscire da questa situazione, di riprendere le attività lavorative e sociali, di vivere come persone libere che possono spendere la loro vita al servizio di Dio e dei fratelli.
Quale è attualmente la situazione nell’ospedale di Casoria?
R. - Noi siamo stati indicati dalla Regione Campania per accogliere i malati non colpiti dal Covid. Quelli affetti dal coronavirus si trovano nelle strutture pubbliche. Nel nostro ospedale stiamo assistendo i malati oncologici e affrontiamo le urgenze. Dobbiamo dirlo: non esiste solo il Covid. Ci sono tante patologie che esistevano prima dello scoppio della pandemia e continuano ad esistere. Da lunedì prossimo, il nostro ospedale sarà aperto sette giorni su sette, anche la domenica. Garantiremo l’attività ambulatoriale e i ricoveri. Abbiamo infatti constatato che il fatto di essersi concentrati principalmente sul Covid ha portato a trascurare tante malattie che, in questo periodo non essendo state curate, sono degenerate. Abbiamo tanti malati non colpiti dal Covid in situazioni veramente delicate. Abbiamo quindi scelto di aprire tutti i giorni rispettando tutte le norme e il distanziamento sociale. Vogliamo dare una risposta nel segno della nostra missione: quella di essere vicini all’uomo sofferente, come San Camillo ci ha insegnato.
Come rispondono i malati a questa vicinanza, nel nome di San Camillo?
R. - Il malato si trova in una condizione di fragilità. La malattia mette tutti in una situazione di fragilità, di impotenza. Quando si arriva in ospedale, dopo aver lasciato la casa e i propri cari, si affida la propria vita a persone sconosciute. Però, nello stesso tempo, si trovano persone che si fanno carico di queste sofferenze. Nel nostro ospedale ci sono il cappellano, le suore. Hanno proprio questo compito di stare al fianco dei malati. Lavorare in un ospedale camilliano significa “umanizzazione” dell’assistenza e della terapia: non basta dare farmaci, bisogna prendersi cura di tutta la persona.
Sta per cominciare in Italia una fase cruciale per quanto riguarda la pandemia e riapriranno alcune attività. Come la popolazione dell’area della provincia di Napoli. e in particolare di Casoria, si avvicina a questa fase?
R. - Spero tanto che ci sia un senso di grande responsabilità. Ma, a volte, vedo molta
impazienza. C’è il desiderio di tornare alla normalità. Scherzando, quando qualcuno mi diceva di non sopportare più il fatto di dover restare a casa, dicevo in una maniera brusca e dura: ‘se non vuoi stare a casa, puoi stare in terapia intensiva’. Chiaramente sono parole molto forti, ma aiutano a capire che se si resta a casa è per il bene proprio e collettivo. Io spero, quindi, che prevalga il senso di responsabilità. Questa esperienza della pandemia riporta noi religiosi camilliani ai tempi di San Camillo. Quando ci fu la peste a Milano, San Camillo rispondeva a quanti scappavano a causa della pandemia che lui andava nella loro città proprio perché c’era la peste. Noi camilliani, col nostro quarto voto di assistenza agli ammalati anche a rischio della vita, stiamo vivendo in questo momento tutta la freschezza della nostra vocazione.
In questa trincea, accanto ai medici, agli infermieri e a tutti gli operatori sanitari ci siete anche voi e tanti religiosi…
R.- Si, abbiamo anche perso vari confratelli dell’Ordine. Anche da questa situazione è venuta fuori una testimonianza di fede. Ringraziamo il Signore che ci rende fedeli anche in questa situazione.
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